“Gli indifferenti”: Biglietto da visita di Alberto Moravia

di Anna Laudati

L’opera di debutto dello scrittore romano era già pietra miliare dell’esistenzialismo letterario europeo. Una storia, preludio di apertura e poi rottura degli schemi cui erano imprigionati i nostri nonni appena un secolo fa. (Vinicio Marchetti)

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Vi parlerò de “Gli indifferenti”, l'opera che consacrò il talento di Alberto Moravia, pseudonimo di Alberto Pincherle, scrittore romano fra i più importanti del Novecento europeo. Un capolavoro di prosa in cui l’autore, alla sua prima opera, appare già pienamente posseduto dal sacro fuoco della scrittura. Lettere asciutte, a tratti deturpate, che sembrano voler farsi educatamente da parte per concedere il massimo del risalto a una trama governata da una glaciale analiticità.

“Come sempre sarebbe ricaduto in quella mentale indifferenza che gli impediva di agire e di vivere come tutti gli uomini”, “È inutile, si ripeteva toccando con le dita incerte i bordi della finestra, è inutile... questa non è la mia vita”. Sono solo alcune delle brevi citazioni che potrebbero essere riportate al fine di evocare il pensiero umano sviluppato poi abbondantemente da Jean Paul Sartre ne “La nausea”.

“Gli indifferenti”, infatti, è il parto di una corrente letteraria che ha fatto dell’esistenzialismo il proprio percorso dominante. I suoi personaggi non smettono, nemmeno per un istante, i panni di “anime di carta”, quasi come se fossero i protagonisti di un cortometraggio americano del secolo scorso. I dialoghi seguono, schiavizzati, un linguaggio e un’atmosfera dai tratti teatrali.

L’intero corpo di quest’opera riesce a mantenersi attuale, verista e reale nonostante sembri scritta dall’arte personificata. Moravia ha mostrato il suo biglietto da visita alla letteratura e la storia, l’arte l’ha accolto a braccia aperte nel suo grembo.