"Nessuno è straniero" se al di del pregiudizio si ci aiuta come fratelli

di Anna Laudati

Le vicende e le lotte di un'associazione antirazzista per il riscatto degli immigrati di Sant’Antimo, raccontate nel libro “Nessuno è straniero” di Gianluca Petruzzo. "E’ vero che non si può cambiare il mondo da un giorno all’altro, ma è possibile farlo attraverso piccoli gesti condivisi mantenendo accesa la speranza di vivere meglio". (Gerarda Pinto

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La presentazione del libro “Nessuno è straniero” di Gianluca Petruzzo, si è tenuta nel Palazzo Pisapia domenica 26 dicembre a Gesualdo, inserita nel programma culturale dell'Associazione Proloco Civitatis Iesualdinae. Il libro, già nel titolo, racchiude un impegno nell’antirazzismo radicale, che lo coinvolge dalla fine degli anni Novanta. La casa editrice, che ne ha resa possibile la pubblicazione, è autofinanziata e indipendente. Parte degli utili derivanti dalla vendita saranno devoluti all’Associazione antirazzista interetnica “3 febbraio”, che dal 1996 porta avanti le lotte e proteste a supporto degli immigrati. 

“Nessuno è straniero“, che ha il taglio di un racconto, parte dalla vicenda che ha interessato settanta immigrati a Sant’Antimo, costretti a lasciare le case, in fitto  con regolare contratto, e scortati in caserma. Persone con regolare con documenti in regola, utenze pagate che si sono trovate senza un tetto sotto il quale vivere. La voglia di reagire degli immigrati insieme alla radicalità dell’Associazione antirazzista interetnica “3 febbraio” sfocia in una lotta “umana”, senza un approccio politico ma che rivendica un’umanità negata.

Nei cinque mesi in cui gli immigrati sono rimasti in una chiesa, in attesa di una sistemazione, si è creata solidarietà anche con la gente del posto, che ha affittato delle case agli sfollati con prezzi ridotti. Un esempio di come la possibilità di creare confronto, comunione porta all’unione e alla risoluzione dei problemi. Un’esperienza importante per dimostrare come l’umanità può migliorare e quanta dignità anima anche chi ha meno possibilità, chi avrebbe potuto dare spazio alla rabbia. Esemplare è stata la “giornata dell’accoglienza”, che smentisce la teoria che dalla povertà nasce la violenza, gli immigrati hanno invitato nelle loro case la gente del posto.

L’autore del libro ci racconta che uno dei suoi più grandi successi legati al suo impegno da volontario, oltre ad avere aiutato molti immigrati ad avere il permesso di soggiorno, è aver sentito dire da un “fratello” del Ghana: ”Con voi mi sento a casa”. “Le vostre parole valgono più di tante medicine” così disse un fratello africano a tutti coloro che parteciparono alla lotta, il perché è semplice, dietro le parole c’è sempre un’ispirazione. E’ vero che non si può cambiare il mondo da un giorno all’altro, ma è possibile farlo attraverso piccoli gesti condivisi mantenendo accesa la speranza di vivere meglio.

Gianluca Petruzzo parla di fratelli, senza mai usare diversi appellativi per indicare le persone che migrano, che appartengono ad altre comunità. Ritiene che le migrazioni siano un’opportunità e non un problema, e lo spiega portando l’esempio della prima migrazione, in Africa nacquero i primi uomini e il loro spostamento è stato fondamentale per il popolamento degli altri continenti. L’obiettivo e il risultato di questa lotta sono stati, non solo la vittoria, ma soprattutto, il percorso svolto che ha seguito un’impronta dettata dall’umanità, dalla costruzione di amicizie, di reti sociali.

Le difficoltà di chi lascia il proprio paese, in cerca di un lavoro e condizioni di vita migliori, colpevole di essere nato nel posto sbagliato, nel lato povero del mondo, non sono alleviate dalle istituzioni, a causa di un razzismo istituzionale che con i decreti colpisce proprio gli immigrati, che vengono espulsi se non sono in possesso di una casa e di un lavoro. Le istituzioni politiche non hanno sostenuto la lotta, anzi l’hanno strumentalizzata. Anche la cronaca spesso grida “al male che viene da fuori”, supportando la xenofobia. Il senso di questa lotta è palesare che gli essere umani sono uguali sempre, nel bene e nel male.

Il razzismo si vince se si parte dall’idea che siamo accomunati dalla stessa umanità. Abbiamo l’opportunità di vivere diversamente assieme, senza considerare gli immigrati solo una risorsa economica da sfruttare, ma un grande patrimonio da condividere, da conoscere, da apprezzare. Il termine integrazione, nella vulgata intende un completamento, non l’unirsi e cambiarsi reciprocamente. Si parte sempre dal presupposto che è l’ospite che deve adeguarsi. E’ necessaria invece, una solidarietà interetnica, attraverso il mutuo scambio. Asad, componente dell’associazione “3 febbraio” e protagonista della lotta, afferma che emigrare vuol dire imparare. 

“Nessuno è straniero” racchiude una formula semplice ma che sfugge a molti: nessuno è estraneo dall’umanità, siamo diversi per il colore della pelle, per la lingua ma accomunati da una coscienza capace di sedimentare cultura, tradizioni. Bisogna accorciare le distanze, cercare vicinanze e tratti comuni nell’altro, cercando di stimolare le coscienze nel tentativo di creare un embrione di società nuova, dove l’integrazione sia prima di tutto educazione al rispetto dei valori della vita, nel segno dei valori e dei principi più sacri di uno stato laico sancito costituzionalmente.