Ernest Hemingway. “Fiesta” lo sfotto’ di una generazione di giovani che non ha piu’ nulla da desiderare

di Anna Laudati

Lo scrittore statunitense mise nero su bianco quello che sarebbe stato il futuro dei giovani. La sua ultima opera vibrante e dall’ironia amara, ci regala uno squarcio di attualità, vero oggi quanto ieri, di quei giovani che pur partendo senza nessuna difficoltà ambientale o economica, comunque vivono in modo angoscioso poichè vanno alla  ricerca spasmotica di situazioni al limite del collasso. (Vinicio Marchetti)

hemingway_con_Fidel_Castro E si che è ben nota la capacità di Ernest Hemingway di trasferire la propria personalità all’interno delle sue opere. Il capolavoro che, forse, adempie al meglio questo compito è “Fiesta, Il sole sorgerà ancora” del 1926. Battute graffianti, dialoghi tesi come corde di violino e bizzarri protagonisti sembrano, nel trepidante scorrere delle pagine, nient’altro che il limpido riflesso del carattere inquieto e smanioso del giornalista statunitense. Ed è proprio il giornalismo l’anima dominante dell’intera storia. Hemingway rende con tocco da cronista l'ambientazione fra la Parigi dei Café e la Pamplona della festa di San Firmino (celebrata con la famosa corsa dei tori per le strade della città) fra le due guerre.

 E questo mondo, tanto affascinante quanto acquietante e piacevole, appare per noi come un sorso d’acqua limpida tra le arsure del deserto. Arsure magiche che, una volta sfiorate, scompaiono come i più ingannevoli miraggi. L’autore narra di giovani americani votati solamente alla spasmodica ricerca di divertimento da una parte e, dall’altra, consapevolmente devoti a una regolare autodistruzione. Ma in Fiesta anche l’autodistruzione diventa un lusso per pochi. I suoi personaggi, dai tratti vagamente esotici, abitano i bar europei che fanno da cornice ad alberghi di lusso e a celebrazioni di alta moda.

I discorsi sono un continuo tornado di battute spiritose a mantello d’infinite e amare bevute di litri di vino. L’alcool come degradante specchio di una ricchezza economica contrapposta alla miseria dell’animo, questo è, infine, il chiaro messaggio lasciato dallo scrittore Premio Nobel.

Fiesta non è altro che la narrazione, spettacolarmente inserita nel contesto storico-temporale, del malessere di una gioventù agiata e benestante; una presa in giro a coloro che non hanno preoccupazioni materiali ma che in ogni caso non hanno difficoltà a crearsene in proprio. I giovani narrati in Fiesta sono stati abituati a ottenere tutto ciò che desideravano, ma, a un certo punto, si trovano a fare i conti con ciò che questo comporta.

Un’opera assolutamente straordinaria. Il momento che, a nostro avviso, raggiunge l’apice dello splendore artistico, è senz’altro la festa di San Farmino. L’epica descrizione della frenetica corsa dei tori per le vie di Pamplona combattuta attraverso l’ebbrezza dell’alcool. Leggendo quelle parole anche la disperazione appare più misurata nonostante venga messa in risalto dalle luci della “bella vita”. 

“E i bicchieri erano vuoti
e la bottiglia in pezzi
E il letto spalancato
e la porta sprangata
E tutte le stelle di vetro
della bellezza e della gioia
risplendevano nella polvere
della camera spazzata male
Ed io ubriaco morto
ero un fuoco di gioia
e tu ubriaca viva
nuda nelle mie braccia”.