Attualissimo Calvino. “Il barone rampante”, il magico sposalizio della poesia con la diversita’

di Anna Laudati

Italo Calvino, ancora una volta, oltrepassa le barriere dello spazio e del tempo per offrirci un racconto che è la voce stessa del rifiuto delle regole preconcette, un assoluto monumento all’accettazione della disuguaglianza. (Vinicio Marchetti)

il_barone_rampante Insolito-graffiante-beffardo-poetico… Con questi termini potremmo riassumere “Il barone rampante” di Italo Calvino. Scritto nel 1957 è il secondo capitolo della “Trilogia araldica” insieme a “Il visconte dimezzato” del 1952 e “Il cavaliere inesistente” del 1959.

Questa storia cavalca i confini dello spazio e del tempo con la stessa facilità con cui le foglie si alzano sollevate dal vento. Cosimo, il protagonista, dovrebbe vivere la narrazione di quest’opera a Ombrosa, un paese immaginario della riviera ligure; spesso, però, il luogo si trasforma in altri borghi liguri fino ad arrivare a Parigi, quasi come se il lettore, rapito dal sonno e dal sogno, non riuscisse a definire i mutamenti dello scenario e li accettasse incondizionatamente senza proferir parola.

Come da consuetudine calviniana, il fattore psicologico dell’opera è condizionato spaventosamente dalla descrizione dei paesaggi, delle persone e degli oggetti; come se la poesia amplificasse la lettura trasportandola quasi in terza dimensione.

La lettura è scorrevole, l’autore ha ridotto quasi all’osso le lunghe descrizioni e riflessioni che, per esempio, sono la colonna vertebrale di un altro suo capolavoro come “Palomar”, e ha impresso al racconto una naturale evoluzione in rapidità. La trama ha toni umoristici, piacevoli e l’integrazione, ovviamente fatta con il dono del sacro fuoco della scrittura, di elementi in lingua straniera come il francese e il tedesco si sposano alla perfezione con le immagini.

Molti potrebbero definire il tono colloquiale che caratterizza l’intera opera, forse, quasi un eccesso, ma, a parer mio, la lettura ne esce ornata e favorita invece che inquinata. Parlando de “Il barone rampante” non si descrive un’opera letteraria, bensì una visione. La visione di un autore che ha fatto della sua scrittura, anarchica e poco incline ai giudizi assoluti, il biglietto da visita di tutta la sua arte.

Lo stesso protagonista del racconto rappresenta il concetto stesso di rifiuto delle regole preconcette ed è un assoluto monumento all’accettazione della diversità. Ancora una volta, qualora ce ne fosse stato bisogno, Calvino ci ha dimostrato di essere un precursore illuminato e incomprensibilmente attuale. Un omaggio della poesia alla cosiddetta “anormalità”…

Riconoscere sé stessi come individui può essere facile ma l'importante è riconoscere che sono individui anche gli altri... (I.Calvino)