“AltrOteatrOltre”: un modo nuovo di fare teatro guardando al sacro ed alla storia

di Sara Pulvirenti

"Per vedere Oltre, devi guardare Altro”, questo le parole che aprono l’home page del sito internet di una compagnia teatrale molto particolare del casertano: AltrOteatrOltre. Il progetto è nato nel 2008 grazie alla passione di un gruppo di ragazzi per l’arte e per il teatro. L’obiettivo? Parlare di Sacro e di Storia in modo nuovo e giovanile. Incontriamo Michele Tarallo, direttore artistico della compagnia, oltre che attore e docente di laboratori teatrali. (Sara Pulvirenti)

Prigioniero_del_confessionale Michele, come è nato il vostro progetto?
Si è delineato strada facendo. Tutto è iniziato grazie allo spettacolo “Don Eustachio Montemurro: un medico santo”. Un anno di intenso lavoro dove gli attori non sono stati solo professionisti e performers ma esseri umani. L’approccio alla tecnica della pantomima su musica, come mezzo comunicativo alternativo e di sostegno alla parte testuale, necessitava di una preparazione fisica e psicofisica. E così i tanti esercizi che anticipavano le prove vere e proprie, costituivano un momento di crescita umana, un confronto di fede (tra atei e credenti o solo praticanti) e soprattutto sperimentazione continua di tecniche teatrali non nuove ma affrontate con lo spirito di rinnovarle adattandole alle personali esigenze. Dopo circa un anno di laboratorio – spettacolo in ognuno di noi ardeva forte il desiderio di dare forma agli intenti artistici ma soprattutto di far conoscere a tutta Caserta la bellezza del teatro abbinato al religioso, sfatando in qualche modo l’idea che il “religioso” sia solo bigottismo e il teatro solo divertimento fine a se stesso. Da qui il nome Altroteatroltre, un teatro dove per vedere Oltre devi fare Altro. E per noi Altro è il mettere in scena anche spettacoli non prettamente a tematica religiosa. L’importante è che esaltino i valori umani che chiunque, cristiano o meno, riconosce, e spesso seppellisce, nella vita quotidiana.

Se dovessi descrivermi AltrOteatOltre in poche parole, cosa mi diresti?
Un luogo dove si vive e si sperimenta il teatro, un teatro dell’anima: quella di ogni partecipante. Un modo di fare teatro per nulla originale ma sicuramente rispettoso delle sensibilità di chiunque entri o osservi Altroteatroltre. Due i criteri da rispettare: professionalità e costruzione della qualità artistica. No alla superficialità, all’ “abbozzare” o, cosa peggiore, al ritenere l’attore solo come un mero esecutore.

E come mai la scelta di concentrarvi sul Sacro e sulla Storia?
Tanti altri fanno sperimentazione ed avanguardia. Noi, nella nostra città, abbiamo cominciato un discorso in un settore ricco di uomini e di fatti, spesso sconosciuti ai più. Li valorizziamo, li facciamo nostri, ma principalmente impariamo sempre qualcosa da quelle vite che poi ci ritorna utile nel quotidiano. Quale migliore strumento del teatro per realizzare questo progetto? Ovviamente attorniato da altre arti correlate: fotografia, danza, ecc. ecc. Infine molti amici sacerdoti mi e ci esortano a prestare le nostre competenze affinché determinati messaggi cristiani e umani possano giungere alle persone in maniera più immediata.

Visitando il vostro sito internet, www.altroteatroltre.it, abbiamo scoperto che quasi tutti siete sotto i trent’anni... come si concilia questo aspetto con le tematiche che trattate?
Il sacro ed il religioso non hanno età. E’ comunque il “gioco” del teatro che ti da l’opportunità di essere personaggio di 60 anni anche se ne hai 25. Il nostro non è il teatro del costume scenico, ma il teatro del corpo. L’allievo attore apprende nei laboratori tematici e in quelli di tecnica base, come identificarsi nell’altro, sia per quanto riguarda il carattere che la corporeità dei personaggi. Inoltre le tematiche che affrontiamo sono generiche: l’amore, il credere, la testimonianza, la gioia, la fede, la chiesa, i santi sono argomenti che non hanno età, sono senza tempo. Al centro di ogni tematica c’è sempre l’uomo. Lo spettacolo su Padre Pio, per esempio, mette in luce non tanto l’eccezionalità dei poteri taumaturgici del santo, quanto la miseria e la semplicità d’animo di un uomo come noi, come chiunque altro.

Come procede il vostro progetto?
Sempre più persone ci contattano per partecipare ai laboratori di formazione che ovviamente riguardano il teatro in generale. Il teatro sacro entra in scienza laddove si parla di scrittura. Sempre più sacerdoti accolgono i nostri spettacoli all’interno delle chiese come momento di preghiera e divertimento. Un momento di riflessione ed al tempo stesso di novità: non tutti i giorni si vedono dei giovani parlare di valori umani e religiosi e di farlo attraverso il teatro, il luogo dove i tuoi difetti e i tuoi pregi di essere umano trapelano in maniera più evidente. In compagnia ci sono atei, credenti in Dio ma non nella chiesa, credenti e praticanti. Ciò non toglie che il risultato finale è sempre il frutto di un continuo dialogo all’insegna delle diversità, accettate, contestate ma mai giudicate o rifiutate. Insomma i nostri spettacoli possono essere definitivi come un vero e proprio processo di crescita. A livello diocesano, il prossimo Ottobre, partirà un corso intitolato: Come comunicare Dio attraverso il teatro rivolto a tutti gli operatori pastorali della diocesi, approvato e sostenuto dal Vescovo, e finalizzato anche alla realizzazione del I festival di teatro sacro della Diocesi di Caserta.

Ho letto anche che sono arrivati i primi riconoscimenti... avete vinto il concorso nazionale Teatri del Sacro.
Sì, come già detto, è stata l’esperienza lancio per la nascita della compagnia. Tre selezioni durate un anno intero per giungere alla finale di Lucca. Esperienza teatrale ed umana, ricca di emozioni durante le prove, durante le selezioni e dopo lo spettacolo. Non puntiamo a che il nostro curriculum artistico sia di prestigio, puntiamo invece a fare arrivare ogni nostra iniziativa al cuore delle persone “lontane”: dal teatro, dalla chiesa, dalla giustizia, dall’amicizia e da tanti altri fondamentali valori.

Quali sono i vostri obiettivi futuri?
Obiettivo principale è fare conoscere la nostra realtà a tutte le istituzioni religiose e comunali per riuscire poi ad avere l’affidamento dell’organizzazione di eventi artistico – culturali attinenti la sfera del sacro. In merito alla formazione abbiamo in calendario un corso di scrittura teatrale del sacro, uno dedicato all’improvvisazione e, dei laboratori per bambini, anche per il catechismo. Per quanto riguarda gli spettacoli, questi sono quelli in cantiere: “Favola di Natale” spettacolo a tema natalizio sullo sfondo dei campi di concentramento, una vera e propria favola “sacra”. Uno spettacolo sulla figura di Don Tonino Bello, sacerdote e vescovo di frontiera in terra pugliese. Uno spettacolo sulla figura del nostro ex vescovo in pensione, Raffaele Nogaro, altro vescovo di frontiera, di strada. Le repliche di “Prigioniero del confessionale”, storia del Curato d’Ars (spettacolo di 20 minuti) e tanti altri progetti che al momento mi sfuggono. Progetto a lungo termine è il I° Festival di Teatro del Sacro di Caserta. Continueranno, nel frattempo, le repliche de “L’inchiesta. Dimmi chi sei Padre Pio da Pietrelcina”. A fare da cornice a questa serie di attività, c’è l’esigenza di ristrutturare ed allestire al meglio la nostra sede, in cui ora un piccolo palco è adibito alle esibizioni artistiche non solo teatrali.

La compagnia è nata nel casertano, credi che l’arte possa essere un’opportunità per chi abita dei territori spesso minacciati dalla malavita?
La malavita è ovunque. In alcuni posti è più evidente, in altri più nascosta. Da noi più che essere un’opportunità è sicuramente una terapia che abitua le persone a vivere una vita che ti pone in discussione. Ti offre l’opportunità di conoscere meglio te stesso, le tue potenzialità, i tuoi limiti, le tue capacità di scegliere. E’ un lavoro, insomma, da costruire insieme. L’arte, in definitiva, è sempre e per chiunque un’opportunità per uscire allo scoperto senza fare del male a nessuno e in molti casi può divenire potente strumento di denuncia di un sistema sbagliato. Basta saper sempre vedere il puntino bianco in tutto il nero che ci circonda!

Infine due domande che in molti nostri lettori si sono fatti: si può vivere di arte? E, soprattutto, un giovane come può farsi strada autonomamente nel mondo del teatro?
In generale, ritengo e credo fermamente che l’arte sia un’opportunità lavorativa. Gli allievi formati entrano, su loro libera scelta, a far parte della compagnia. Ogni qualvolta partecipano a spettacoli o all’organizzazione delle diverse attività ricevono un rimborso spese. Col passare del tempo prenderanno la loro “paga”. Li stiamo educando a ritenere il teatro un lavoro come un altro. Passione, determinazione, onestà, umiltà e costante formazione, sono necessari affinché il sogno diventi realtà. Per me lo è. Molti di loro si stanno cimentando nell’arte, intesa come lavoro, anche non necessariamente nel teatro. Augusto con la fotografia, Sergio con il doppiaggio, Teresa con la teatro terapia, ecc.

Non esiste una ricetta per farsi strada autonomamente. Fondamentale è capire cosa si vuole fare della propria vita. Se la propria vita è orientata all’arte, allora bisogna studiare e fare quanta più esperienza possibile. In modo particolare per un attore o un artista in generale un buon modo per farsi strada è imparare a rispettare le regole: puntualità, costanza nello studio, rispetto degli altri e disponibilità di tempo. Molti registi, me compreso, preferiscono ingaggiare un attore mediocre, ma che è preciso nel rispetto dei tempi stabiliti, piuttosto che uno bravo ma di quelli che creano intralcio con le loro assenze o i loro ritardi. L’autonomia di un artista si conquista nel far vedere ad un pubblico anche di addetti al lavoro ciò che si è preparato con amore e professionalità.