Giornalismo e web, nuove frontiere per l’informazione. Intervista al giornalista Andrea Borgnino

di Ornella Esposito

La rivoluzione del concetto di informazione al tempo del web e dei social network. L’utilizzo di twitter fatto da Marina Petrillo, giornalista di Radio Popolare, è l’emblema delle nuove frontiere del giornalismo e dell’informazione in un mondo, quello multimediale, sempre più veloce. (Ornella Esposito)

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Chi lo poteva mai immaginare che un “cinguettio” avrebbe trasformato il modo di dare e ricevere informazioni, soprattutto per una categoria, quella dei giornalisti che, fino a poco tempo fa, guardava ai social network e ai blog con disappunto e sufficienza.

C’è lo dimostra oggi Marina Petrillo, giornalista di Radio Popolare e conduttrice del programma radiofonico Alaska, che da oltre un anno ha creato un proprio account su twitter (@alaskaRP) dove riceve e dal quale invia informazioni al mondo. Un passaggio quasi “obbligato” per Marina Petrillo il cui programma radiofonico raccoglie storie e notizie dal web e che, quindi, una certa dimestichezza con la quantità e velocità delle informazioni ce l’ha.

La conduttrice, servendosi del social network, ha seguito e raccontato in diretta le recenti rivoluzioni nordafricane ed è riuscita a creare una lista di “informatori” affidabili, quasi tutti protagonisti degli eventi nel momento in cui essi avvenivano. Il suo lavoro, riconosciuto sia dagli utenti-amatori del web che dai colleghi (ma ha ancora senso fare questa distinzione?), mette in evidenza quanto la rete stia contribuendo a mutare radicalmente il concetto di informazione e l’identità stessa del giornalista, non più il solo detentore della notizia. Un rapporto complesso quello tra il giornalismo e il web, fatto di odio e amore, in cui sembra che l’uno non possa fare più a meno dell’altra e che, pare, stia sulla rotta giusta per trovare il suo punto di equilibrio.

Ne abbiamo parlato con il giornalista Andrea Borgnino, funzionario responsabile della web radio di Radio Rai.

Oggi esistono circa 160 mila blog nel mondo, si parla molto di giornalista partecipativo, twitter sta spopolando come strumento per veicolare informazioni e report istantanei. Perché il mondo giornalistico ha guardato tutto ciò con diffidenza ed arricciando un po’ il naso?
Perché i giornalisti si sentono colpiti ed impauriti. Hanno paura di perdere un po’ del loro potere, di perdere il posto. Facciamo l’esempio di Marina Petrillo, lei non si era mai occupata di rivoluzioni nordafricane, conduce un programma radiofonico, ma attraverso il suo account su twitter oggi riceve informazioni molto dettagliate che provvede a selezionare con accuratezza. Marina è brava e non è una persona alle prime armi che deve emergere. Di chi ci dobbiamo spaventare? Dei ventenni che scorazzano ed usano la rete senza alcun accorgimento, con superficialità, postando notizie non rispondenti al vero.

-L’esperimento di Marina Petrillo di un account su twitter su cui ricevere informazioni, pare stia andando a gonfie vele. Come deve fare un giornalista a scegliere tra una gran quantità di fonti ed assicurarsi che siano attendibili e, dunque, poter garantire un’informazione corretta?
Come si scelgono le fonti? Una risposta vera non c’è. Le fonti si trovano “perdendo” una marea di tempo, validando, incrociando le informazioni, andando a fondo, verificando l’attendibilità stessa delle fonti. Non c’è una regola precisa. Oggi il giornalista non è quello che dà la notizia per primo, se apri internet trovi già tutto, quello che è importante, invece, è l’approfondimento e l’analisi della notizia.

Per esempio Il Post non dà le notizie per primo, ma spiega cosa è successo ed approfondisce l’argomento, ed è questo il suo valore aggiunto. Il giornalista deve specializzarsi, proprio perché non è più il primo a dare la notizia. Lo strumento cioè la rete sta ridefinendo l’identità della professione. Secondo me il quotidiano La Repubblica sta facendo un buon lavoro in questo senso, perché dedica molto spazio all’approfondimento. Quest’ultimo deve essere soprattutto multimediale, cioè fatto di foto, video, immagini.

- Oggi si parla di “pro-am”, professionisti e amatori uniti per fare informazione ed è nata la nuova figura del social media editor. Secondo lei, è questa una buona strada per un’informazione pluralista, trasparente e comunitaria di cui l’enorme quantità di blog, autodefinitisi di controinformazione, in un qualche modo manifesta l’esigenza?
Sì, secondo me sì. C’è bisogno di pluralismo. La sempre crescente esigenza di un’informazione pluralista e trasparente è determinata molto dalla presenza televisione, non tanto dalla carta stampata. C’è solo un limite: che le persone hanno sempre molto meno tempo per leggere ed il paradosso è che le persone più interessate ad informarsi sono anche quelle che hanno meno tempo disponibile per farlo. Chi utilizza il web come strumento di informazione, deve essere preciso e conciso, altrimenti c’è il rischio di parlarsi addosso. Per esempio Il Post a me piace molto in questo senso perché è preciso e conciso, meglio un link in più di approfondimento che venti pagine di blog.