Sono solo… Favole?

di Veronica Centamore

Dalle favole al ruolo delle donne: viaggio nel ruolo della narrazione e della sua funzione formativa. (Veronica Centamore)

favole Oggi si tende a vedere nei bambini di questa nostra generazione dei piccoli prodigi, sono più alti di com’eravamo noi, più svegli, cominciano a far tutto prima: parlare, camminare e anche stupirci. E se fosse tutto merito delle favole? Non ci sono più le favole di una volta e se diamo un’occhiata alla nostra memoria e guardiamo con attenzione i miti della nostra infanzia, vediamo tutto ciò che noi oggi non vorremmo essere Le vecchie favole propongono donne passive, inespresse, inette, incapaci con l’unico pregio della bellezza, pronte a cacciarsi nei guai per la loro stupidità e sempre in attesa dell’uomo che venga a salvarle. Mancano del tutto le donne intelligenti, coraggiose, attive, leali o altrimenti, se possiedono qualcuna di queste qualità, sono personaggi connotati in maniera negativa (vedi la strega di Biancaneve, la matrigna e le due sorellastre di Cenerentola).

Di contro c’è “l’altra metà del cielo”, i nostri antagonisti di sempre: gli uomini (croce e delizia) di ogni essere femminile. Loro sono forti, attivi, coraggiosi, leali, intelligenti e sempre pronti ad arrivare al momento giusto (cosa che crea non pochi traumi a noi donne adulte di oggi che siamo cresciute con tali simili archetipi). Cappuccetto Rosso è la storia di una bambina ingenuotta mandata da una madre irresponsabile in mezzo a un bosco infestato da lupi, non viene difficile immaginare cosa potrebbe accadere alla povera bambina… ovviamente sarà il cacciatore a salvare nonna e nipote. Cenerentola è il prototipo delle virtù domestiche, servizievole e remissiva. Molto più bella delle “sorellastre” brutte, sporche e cattive, e della matrigna. Ingoia ogni sopruso, umiliazione e sopraffazione senza la minima reazione. Carente di dignità e coraggio. Anche qui sarà salvata dal bel principe che la cercherà a lungo (sarebbe interessante vedere come il principe di turno tratterà la bella dopo averla salvata). Biancaneve vive proprio nel “favoloso mondo dei sogni”, è bella ma senza altre virtù (e considerando che la bellezza non dipende dalla volontà di chi la possiede… neanche questo le rende merito). É talmente svampita da non capire che la matrigna non l’ha tanto a cuore. Nonostante le avvertenze accetta una mela (avvelenata) da una sconosciuta e così muore. Ma anche qui arriva il deus ex machina a soccorrerla e riportarla nel mondo dei vivi.

Donne quindi vittime di sortilegi che hanno sempre l’antidoto nella persona dell’uomo. Per capire dove si trovi la linea di confine tra la diversità naturale e quella impostaci dalla società, non si può fare a meno di far riferimento al libro di Elena Gianini Belotti, “Dalla parte delle bambine”. Il libro nasce dall'osservazione diretta del comportamento del bambino, dalla nascita in poi, e analizza l'atteggiamento degli adulti nei suoi riguardi. Si esamina il formarsi del ruolo femminile, ripercorrendo così l'intero processo della socializzazione: nascita, allattamento, prima infanzia, sui giochi e le fiabe. La bambina fin dalla nascita non è considerata persona: la sua vita è in realtà la lunga marcia che famiglia, scuola, istituzioni, compiono per farle accettare fino in fondo il suo ruolo di subordinata. Sono queste strutture psicologiche che portano la persona di sesso femminile a vivere con senso di colpa ogni suo tentativo di inserirsi nel mondo produttivo, a sentirsi fallita come donna se vi aderisce e a sentirsi fallita come individuo se invece sceglie di realizzarsi come donna (p. 9). Inoltre, pensiamo ai giocattoli, ancora oggi utilizzati per rinforzare la mascolinità o la femminilità. Alle bambine, in genere, si regalano piccole cucine, stanze da letto ed elettrodomestici in miniatura, ferri da stiro, carrozzine; i bambini hanno a disposizione spade, archi, piccole armi, soldatini, piste automobilistiche. Cioè tutti “strumenti” che già lavorano sull’indole dell’individuo. Casalinga per le femmine, virile per l’uomo. Il ruolo delle fiabe. L'ultimo libro di Angela Carter, Le fiabe delle donne, (anni ’90), ha raccolto cinquantotto fiabe di ogni parte del mondo, che hanno come protagoniste sole donne. L'ottica tradizionale del racconto vi appare totalmente ribaltata. Queste storie si divorano in un attimo, in preda alla curiosità e alla soddisfazione di scoprirci finalmente attive, furbe, stravaganti, buone e cattive allo stesso tempo.

E all’improvviso arriva… Shrek. Ed è tutta un’altra… favola! Si dissacra l’idea melensa della favola. Il lui della situazione è un orco (che rutta e legge le favole seduto sul water) che finisce per trasformare una bella principessa in un’orca (ghiotta di topi arrostiti) per amor suo, quindi per la prima volta vediamo un’inversione di tendenza, non più il “mostro” che si trasforma per la sua bella di turno -vedi La bella e la bestia- ma piuttosto un’accettazione della diversità che se pur apparentemente “mostruosa” può nascondere qualcosa di meraviglioso senza necessariamente dover “apparire”. E al brilluccicante castello viene preferita la vecchia capanna in mezzo al bosco, insomma, qui vale il motto “due cuori e una capanna”. Inoltre, Fiona, che appunto non è proprio una principessa canonica, è una “femmina” che si preoccupa, insieme alle sue amiche Biancaneve, La bella addormentata, Cenerentola, della cellulite dopo il parto mentre Shrek è un “principe” vittima di mille paure: quella di diventare padre e quella di non essere all’altezza di governare un regno. Sono donne diverse queste “vecchie eroine” le quali abbandonano il loro ruoli “istituzionali” (La bella addormentata smette di fare la narcolettica, Cenerentola di pulire, ecc…) e piuttosto che aspettare di venir salvate (Fiona: “Bene ragazze d’ora in poi le cose le sistemiamo noi, da sole”) agiscono… la regina madre sfonda la parete della prigione con un colpo di testa, le altre bruciano i reggiseni (da sempre simbolo della sensualità femminile), Cenerentola affina il tacco della sua scarpetta come se stesse affilando la lama di un coltello, le altre si dipingono il volto da guerriere (ah! In tutto questo tra loro c’è anche una trans) così lottano agguerrite con mosse di karate. Tra loro ci sarà sempre chi deciderà di rimanere bella e stupida ma pagherà cara questa scelta, infatti, Raperonzolo si ridicolizzerà da sola durante una rappresentazione teatrale restando calva in pubblico perdendo cioè proprio la sua “arma di seduzione di massa”.

E ahimè, anche gli uomini non sono più quelli di una volta, persino nelle favole. Il principe azzurro è un uomo cattivo e assetato di potere mentre quello che succederà al trono è un rinomato sfigato ma sarà colui che porterà il messaggio più importante di tutta la storia: “Ognuno di noi è di ostacolo a se stesso”. Shrek “distrugge” i miti dell’infanzia e finalmente l’idea dell’eterna bamboccia femminea. Uomini meno belli ma pieni di contenuti (favole insomma). Donne che oltre a pensare alla loro bellezza sono anche forti a tal punto da… sbrigarsela da sole (la realtà insomma).