Avere trentanni. Il diritto alla resistenza “costante”. Libere riflessioni

di Anna Laudati

Mentre gli studiosi e i pubblicitari ampliano le fasce d’età in virtu’ di una modernità sempre piu’ liquida e la gioventu’ si prepara a sfondare il muro dei 35 anni, è sempre piu’ difficile essere giovani nell’Italia del ventunesimo secolo. Ma non tutto è perduto e la parola chiave sembra essere solo una. Resistere. (Gianfranco Mingione)

giovani_resistenza_costante

Il mondo corre veloce per rincorrere una produzione e un consumo che, a detta di molti, è stato generato dall’ennesima crisi economica. La crisi. Un parola che i cittadini della madre terra conoscono molto bene. Le crisi sono cicliche, non colpiscono solo l’economia (vedi la politica, l’ambiente perennemente in crisi etc.) ed una cosa è certa,  non fanno bene all’umore degli individui.

Spesso però è proprio da una grande crisi che nasce un rinnovamento nei modi di affrontare la vita. Grazie alle crisi possono sparire comportamenti sbagliati, ricerche insensate che danneggiano gli individui e l’ambiente, politiche economiche senza visione di collettività e futuro e, sempre grazie alle crisi possono rompersi i meccanismi vetusti che bloccano un sistema sociale già entrato de facto in coma irreversibile.

Rompere i meccanismi in maniera pacifica, non violenta attraverso la discussione, l’incontro con l’altro che altro non è che colui con il quale dobbiamo condividere spazio e luogo, nel rispetto delle identità , di ogni identità. In un Paese in eterno conflitto come il nostro, l’ingrediente che permette ai gruppi politico economici di riuscire in cattive imprese di gestione della cosa pubblica è la volontà di molta parte della società di non voler cambiare, di non voler rinnovarsi e avviare con le proprie mani il rinnovamento.

Eppure sarebbe facile. Eppure i giovani dovrebbero essere i primi a voler e dover cambiare, al di là delle appartenenze di questa o quella filosofia di pensiero e della scacchiera di colori che spesso ci dividono in maniera stolta e inefficace. Sì perché vi sono cose che fungono da minimo comune denominatore per una collettività, una communitas, come direbbe qualcuno. Che tale non può essere se non coltiva al suo interno uno spirito critico sempre pronto a decostruire e costruire la società, a rivedere le cose che non vanno bene e che penalizzano i molti così come i pochi.

L’ordine di oggi sembra invece costruirsi su pochi che gestiscono molti. Esempi? Tanti che possiamo riassumere in tre grandi “luoghi”: politica, ambiente, cultura/e. Vituperata politica: i poveri italiani si vedono costretti a prestare il proprio nome ad una legge elettorale che permette a pochi di “nominare” i componenti delle due Camere, impedendo di fatto l’esercizio della sovranità popolare. Il risultato della libera scelta in libero Stato è sotto gli occhi di tutti.

L’ambientalismo di moda. La responsabilità sociale è un’arma a doppio taglio, con la quale il piu’ delle volte pochi gruppi industriali illudono i ricchi sistemi del nord del mondo (ora sempre piu’ poveri), di fare del bene alla terra e ai gruppi sociali svantaggiati. Difficile crederlo quando i risultati del capitalismo malato, grazie alle azioni di pochi ricchi producono ecomostri giornalieri e disuguaglianza sociale per mezzo mondo.

La cultura. O meglio le culture: quelle che muoiono in nome e per colpa dell’amara predicazione e imposizione di un’unica lingua franca a livello internazionale, quelle che non riescono a contrastare contro i gruppi armati non solo di armi ma anche di soldi, quelle che devono cedere ogni giorno un pezzo della propria libertà in nome di un progresso troppo spesso malato e diseducativo per le giovani generazioni, quelle orali e non scritte lasciate nell’oblio dei vecchi che morendo non possono tramandarle e “creare” e far nascere dei testimoni.

Nonostante tutto ci sono persone che si danno da fare e che non si lasciano crollare il mondo addosso. In fondo non è mai stato facile resistere. La storia racconta alle giovani generazioni che nulla è facile e le sfide piu’ ardue richiedono sacrificio, sforzi intellettuali, fisici e un sano slancio di passione. In sintesi: il diritto alla resistenza costante. Come boxeur, tentare fino all’ultimo di strappare la vittoria, di non cadere sotto i pugni dell’indifferenza dei piu’, di non mollare e avere una visione di sé e del collettivo verso un futuro in movimento.

L’importante è non dimenticare. L’importante è che i giovani non dimentichino mai il diritto a resistere e a cambiare ciò che non va. (foto corriereuniv.it )