Chiara Luce. Storia di una giovanissima italiana beatificata

di Anna Laudati

“Non ho più niente ma ho ancora il cuore e con quello posso sempre amare”. Queste le parole di Chiara dal letto d’ospedale poco prima di morire per un tumore alle ossa di cui si ammalò ad appena diciassette anni. Guarda il video. (Anna Laudati)

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“Giovani non abbiate paura di essere santi”, Giovanni Paolo II. E Chiara Luce Badano, aveva preso alla lettera quelle parole, tanto da suscitare l’interesse, il bene e l’amore di tutti, quando a diciassette anni si ammalò di un tumore alle ossa che trasformò l’ultimo suo anno di vita, il diciannovesimo, in un doloroso martirio.  

Chiara, morta nel 1990, il 26 settembre scorso a Roma è stata beatificata. Nata a Sassello, in provincia di Savona e diocesi di Acqui, era figlia di un camionista e di una operaia, cattolici ferventi. Guidata ed educata ai valori cristini, a nove anni conobbe il Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich, e innamoratasene ne entrò a far parte. Su quella strada scoprì il mondo della spiritualità, del Vangelo e se ne innamorò. Con l’aiuto dei genitori e del movimento dei Focolari, iniziò un percorso spirituale spontaneo e straordinario, guidata soprattutto da ispirazioni della Grazia Divina. 

Bella, gioiosa, dinamica e piena di vita Chiara a 17 anni, venne colpita da un osteosarcoma che trasformò la sua esistenza in un calvario senza ritorno. Ma non si abbattè, anzi diventò un punto di riferimento per amici e conoscenti oltre che per la famiglia. Dall’ospedale e da casa, infatti Chiara continuò a trasmettere gioia, serenità e sorrisi a tutti coloro che le stavano intorno, ricevendo messaggi e manifestazioni d’amore da tutti.

La sua forza? Le certezze spirituali che aveva assimilato e che le fecero accettare la croce della malattia e poi della morte come un dono d’amore per Gesù crocifisso. Le ultime parole di Chiara? Un grazie a tutti coloro che le erano stati vicini. Lei che da bambina sognava di fare il medico e di andare in Africa per aiutare, è diventata un simbolo per tutti i giovani poiché è forte il messaggio che ci ha lasciato: di amare la vita e gli altri più di se stessi.  

Ma Chiara Luce non è l’unica ragazza che la Chiesa ha messo sulla via della beatificazione, a farle compagnia in questo processo di santità ci sono altri giovanissimi come Alberto Michelotti, genovese, morto nel 1980, a 22 anni; Carlo Grisolia, anche lui genovese, amico di Michelotti, morto nel 1980, a 20 anni, stroncato da un tumore fulminante; Daniela Zanetta, di Maggiara, in provincia di Novara, morta nel 1986, a 24 anni; Maria Orsola Bussone, torinese, morta nel 1970, a 16 anni; Santa Scorese, di Bari, morta nel 1991, a 23 anni.

Tutti questi ragazzi hanno gridato a voce unanime l’amore per Dio, per gli altri e per la vita, mostrandosi, anche nella malattia e nella sofferenza fisica, saldi nella loro fede e nei loro messaggi di speranza e d’ amore. Un esempio da seguire e da ricordare per sempre.

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