“Il manifesto dello stagista”. La campagna di Scambieuropei contro lo stage non retribuito

di Anna Laudati

Erano in tre e si doveva eseguire un lavoro; il più forte decise che avrebbe diretto le varie fasi dell’esecuzione, il più furbo disse che avrebbe controllato il buon esito dell’operazione e al più debole non rimase altro che iniziare. (Carl William Brown).  La nuova generazione di precari e futuri precari manifesterà a Roma il 9 aprile 2011 con una mobilitazione nazionale organizzata e promossa da varie associazioni. Cgil, Scambieuropei, Repubblica degli stagisti, European Alternartives ed altri enti e reti sociali invitano a partecipare per scommettere sul presente ancor prima che sul futuro. (Alessandra Campanari)

manifesto_degli_stagisti Scrive il giornalista e scrittore italiano Beppe Severgnini con triste sarcasmo: “L’Italia è una Repubblica fondata sullo stage”. Inizia così la campagna di protesta contro lo stage non retribuito promossa dall’associazione Scambieuropei, un servizio d’informazione nato con lo scopo di promuovere la mobilità giovanile al livello europeo ed extraeuropeo.

L’iniziativa parte da un presupposto inalienabile: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” laddove il lavoro, è sì un dovere ma anche, e soprattutto, un diritto che la costituzione italiana tutela, o dovrebbe tutelare, al fine di difendere la dignità dei singoli e della collettività e contribuire all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Scambieuropei dà avvio alla proposta riconoscendo, infatti, la necessità e l’importanza di un periodo di formazione e preparazione, che sia in grado di valorizzare e formare professionalmente le nuove generazioni alla realtà lavorativa tanto agognata.

Questo periodo di apprendistato, più comunemente conosciuto con il nome di stage, però, non solo è diventato un passaggio praticamente obbligatorio, e fin qui anche plausibile, ma ha assunto sempre più i connotati di uno “sfruttamento” della forza produttiva giovanile, diventando una condizione al di sotto della soia del precariato. Tirocinio, intership, formazione on the job sono diventati sempre più sinonimi di una speculazione legalizzata da parte di enti ed aziende, tanto pubbliche quanto private. 

Lo stage nasce come periodo di formazione “sul campo” e costituisce un’occasione di conoscenza diretta del mondo del lavoro oltre che di acquisizione di una specifica professionalità. Rappresenta un credito formativo necessario a chi entra per la prima volta nel mondo del lavoro. Una presentazione, questa, piuttosto all’allettante ma poco veritiera.

Oggi, come ci ricorda la campagna, "manifesto dello stagista",  promossa da Scambieuropei, nella maggior parte dei casi lo stage prevede un periodo lavorativo, più o meno lungo, non solo non retribuito, ma privo di un qualsiasi tipo di regolamento che tuteli lo statuto dei tirocinanti e degli apprendisti. Che il nostro paese abbia timore a scommettere sul talento delle nuove generazioni e quindi, di conseguenze, sull’innovazione? L’esodo della cosiddetta “fuga dei cervelli” e, mi sia concesso sottolineare, “giovani cervelli” dall’Italia, ne è la triste conferma. 

Quello che si chiede, con umiltà e intelligenza, non è quindi un compenso milionario, milleuristico, dichiarano i promotori della campagna ma dignità; che venga almeno riconosciuto un rimborso spese che permetta al giovane di non pesare più sull’economia familiare, di costruire il suo futuro e che per legge sia garantita a tutti la possibilità di entrare nel mondo del lavoro attraverso una selezione meritocratica e non di comodo.

Ovvero che lo sforzo e l’impegno dei giovani sulle “sudate carte” di anni e anni di formazione non si rivelino una battaglia persa, un gioco spietato ad armi impari contro una società che sembra aver dimenticato l’importanza di riqualificare il sistema economico e sociale, scommettendo sul futuro della società e quindi sulle nuove generazioni.  

Detto ciò, ricordiamo in sintesi i tre punti fondamentali previsti dal “manifesto dello stagista”. Se lo stage non è curriculare (non è svolto per motivi scolastici o universitari) deve prevedere un rimborso spese. La somma minima per il rimborso spese deve essere così prevista: 200 € al mese per studenti di scuola superiore 400 € al mese per diplomati con laurea triennale 500 € al mese per laureati con laurea specialistica. Gli stage non possono essere svolti oltre i diciotto mesi dalla fine di un corso di studi (scuola superiore, università, master, corso professionale). 

Niente di tanto assurdo e pretenzioso se pensiamo che, già da qualche tempo, gli altri paesi europei si stanno dotando di normative per regolamentare gli stage, renderli realmente formativi e prevedere diritti per gli apprendisti. La stessa Commissione Istruzione del Parlamento Europeo, d’altra parte, ha recentemente approvato una proposta di risoluzione “sulla promozione dell’accesso dei giovani al mercato del lavoro, rafforzamento dello statuto dei tirocinanti e degli apprendisti”. Ciò che si chiede è quindi un’armonizzazione della normativa europea e che anche il nostro Paese si adegui rapidamente.

Questa iniziativa è emblematica di una situazione agghiacciante che caratterizza l’Italia in questo particolare momento storico ed apre a una più ampia riflessione. La precarietà del lavoro giovanile e non, è diventata una condizione sempre più permanente. Chi lavora con contratti giornalieri, chi a nero, chi con la paura della minaccia di una data di scadenza, rimanendo così impigliati in una delle ormai numerose tipologie di contratto a tempo come la mosca nella ragnatela del ragno.

Il nostro paese ha assoluto bisogno di investire sull’innovazione e sulla ricerca, di puntare su un sistema di conoscenze all’avanguardia con i tempi, riqualificare la pubblica amministrazione favorendo l’ingresso dei giovani e quindi di giovani idee, potenziare e regolarizzare i centri per l’impiego, sostenere le nuove generazioni in cerca di occupazione, puntando sulla qualità e non sulla quantità della mera forza lavorativa. 

E proprio in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia i giovani (e meno giovani) hanno deciso di scendere in piazza per riprendersi i loro diritti di cittadini, affinché non siano più represse le loro potenzialità. Questa nuova generazione di precari e futuri precari manifesterà a Roma il 9 aprile 2011 al grido di: “il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta”, con una mobilitazione nazionale organizzata e promossa da varie associazioni. Cgil, Scambieuropei, Repubblica degli stagisti, European Alternartives ed altri enti e reti sociali invitano a partecipare per scommettere sul presente ancor prima che sul futuro. 

“Siamo stanchi di questa vita insostenibile, ma scegliamo di restare. Questo grido è un appello a tutti a scendere in piazza: a chi ha lavori precari o sottopagati, a chi non riesce a pagare l’affitto, a chi è stanco di chiedere soldi ai genitori, a chi chiede un mutuo e non glielo danno, a chi il lavoro non lo trova e a chi passa da uno stage all’altro, alle studentesse e agli studenti che hanno scosso l’Italia, a chi studia e a chi non lo può fare, a tutti coloro che la precarietà non la vivono in prima persona e a quelli che la “pagano” ai loro figli. Lo chiediamo a tutti quelli che hanno intenzione di riprendersi questo tempo, di scommettere sul presente ancor prima che sul futuro, e che hanno intenzione di farlo adesso”.