Paola Fresa. La testimonianza di una giovane attrice

di Paola Pepe

Quella della recitazione è una passione ma anche una professione. I giovani che ne intraprendono la carriera devono fare i conti con un mondo che stenta a riconoscerli come "lavoratori" anche se del campo artistico, e le difficoltà, rispetto a chi abbraccia altre professioni, aumentano notevolmente. Ne abbiamo discusso a Lecce con Paola Fresa, giovane promessa del teatro italiano. Attrice di prosa, ha realizzato anche cortometraggi, commedie e musical. (Paola Pepe)

paola_fresa Alta, mora, mediterranea dal sorriso aperto, Paola Fresa è di origine pugliese ma è milanese d’adozione, città dove vive ormai da parecchi anni.  

Paola, ti sei cimentata in vari ruoli, dall’ideazione, alla scrittura, alla regia, alla messa in scena. Quando hai scoperto la tua passione per la recitazione? La mia passione riguarda il teatro in generale, fin dai tempi dell'università quando ho iniziato a studiarlo quotidianamente. Recitare e' il modo più naturale, tra i vari ruoli del fare teatro, di avvicinarmi alla rappresentazione delle vicende umane. E poi essere diretta, confrontarmi con testi di drammaturgia contemporanea mi insegnano tanto anche degli altri mestieri del teatro. 

Passione, talento, formazione, studio, determinazione, raccomandazioni, fortuna: quale di queste è necessaria per andare avanti? Sono per una formazione permanente. Periodicamente mi ritaglio dei periodi di studio e, negli anni, ho conosciuto dei maestri come Danio Manfredini o Stefania de Santis dai quali torno per imparare ancora. Una base importante ma va coltivato, affinato, esercitato costantemente. Si sceglie di fare questo mestiere per passione, esclusivamente per questo, soprattutto in teatro, non certo per fama o per soldi! E quindi la passione va alimentata da una massiccia dose di determinazione. Credo che le raccomandazioni facciano parte del mio mondo come di tutti gli altri ambienti professionali ma, se a sostegno di una "spintarella" non c'e' una vera sostanza, non si va granché avanti. La fortuna nella vita serve sempre, quindi ben venga! 

Paola, quali sono le difficoltà di un giovane attore di teatro, oggi? Far capire che la nostra e' una professione come tutte le altre e come tale va considerata.   

Hai lavorato con Filippo Timi interpretando Ofelia. Come vedi il rapporto fra teatro, follia, vita? L'esperienza dell'Amleto e' stata un'intensa e folle prova di vita e di teatro. Se il nostro mestiere ha in sé la presunzione di interpretare la vita, non possiamo prescindere dalla profonda conoscenza di essa, anche quella che non ci riguarda personalmente. Ogni ruolo e' un viaggio in un mondo che e' spesso altro da noi. E ogni volta non sappiamo dove ci porterà questa nuova esperienza ma bisogna avere il coraggio e anche un po' di follia per affrontarlo.    

Nel giugno scorso, LE SCARPE, lo spettacolo del Teatro Minimo di Andria con cui hai girato quest’inverno, è stato presentato in anteprima al Fringe Festival di Napoli, il festival "indipendente" dedicato alle compagnie emergenti che sta avendo molte difficoltà nell’edizione 2011. Come ti era sembrata la vetrina napoletana con i giovani? Un'iniziativa importante per dare visibilità a tutte quelle realtà indipendenti dove si sperimentano i nuovi linguaggi dell'arte teatrale. Per portare alla luce l'underground del teatro contemporaneo e' necessario uno sforzo promozionale enne volte superiore a quello richiesto per i grandi nomi del teatro nazionale. E laddove c'e' qualità lo sforzo e' ricompensato dalla creazione di nuovo pubblico. 

Lo spettacolo parla di relazioni umane vissute al ribasso…metaforicamente parlando, credi che oggi sia più necessario “cucire” o “strappare”? E' una domanda troppo difficile per rispondere, in un senso o nell'altro. Dipende dalle situazioni. L'unica cosa che mi viene da dire e' che bisogna avere il coraggio di essere onesti.

LE SCARPE è uno spettacolo che richiama tanti giovani, merito del tema affrontato o di un rinnovato interesse per il teatro? Anche a questa domanda, sinceramente, non e' facile rispondere. Di teatro minimo, oltre alla scrittura di Santeramo e alla bravura di Sinisi, apprezzo la politica che porta avanti nel suo territorio di origine, il nord barese. L'esercizio di questo mestiere, nell'interpretazione che ne danno Santeramo e Sinisi, punta a riavvicinare la gente comune, prima ancora degli addetti ai lavori, al teatro come luogo di condivisione, d'incontro, di dibattito e di riflessione, com'era in passato ed e' oggi sempre meno.  

Progetti futuri...insomma, cosa farai da grande? Teatro, teatro e, chissa', forse non solo teatro...