Elezioni. Quasi quasi mi candido. La testimonianza di Sara

di Anna Laudati

Partecipare o non partecipare? Questa la domanda che si è posta Sara, trentenne laureata, da sempre interessata alle dinamiche sociali del proprio paese ma mai inserita all’interno del tessuto politico locale. In occasione delle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio, le è stato proposto di scendere in campo in prima persona in una delle liste civiche per le elezioni comunali. Lei ha accettato. (Sara Pulvirenti)

Risultati-Elezioni1 Sara, alla fine poi qual è stata la tua scelta? Hai partecipato alle elezioni?
Sì, ho partecipato ma il percorso che mi ha portato a dire di sì è stato lungo, anzi no, lunghissimo e tormentato. Non lo avrei mai pensato. 

E come mai? Cos’è che ti preoccupava?
Non era una vera e propria preoccupazione, quanto più un malessere. Ero combattuta: da un lato il timore di entrare in un mondo che dalla mia generazione è visto come pieno di sotterfugi, intrighi e poca correttezza. Dall’altro invece la voglia di vedere sulla mia pelle se quello che ho sempre sentito dire fosse realmente vero. E poi il grande entusiasmo di darsi da fare direttamente per il futuro del proprio paese. Insomma non sapevo proprio che fare. 

Alla fine però hai scelto di tentare. Quindi ha prevalso la tua voglia di sperimentare.
In un certo senso sì. Mi sono detta: “che senso ha criticare chi fa politica, se quando ti viene proposto ed hai la possibilità di provare a farla in modo diverso, ti tiri indietro?”. Quindi mi sono lanciata in quest’avventura e non rimpiango di averlo fatto. 

Non dirci subito l’esito delle votazioni. Parlaci piuttosto delle dinamiche di un’elezione.
Guarda, il tempo vola in confronto alle cose che ci sono da fare! La campagna elettorale e le pratiche burocratiche ti assorbono completamente. Il primo passo è quello di fare gruppo con le persone che sono in lista: in un piccolo paese ci si conosce tutti ma lavorare insieme per raggiungere un obiettivo così importante come quello di amministrare un comune, è cosa ben diversa. Quindi, riunioni su riunioni per stilare il programma, limare i dettagli, decidere il logo, lo slogan, i colori e la grafica per i manifesti. Poi abbiamo dovuto anche trovare una sede ed allestirla a dovere. Insomma è stato un periodo molto, molto convulso. 

E la burocrazia quando entra in gioco?
Bè al momento della consegna dei documenti in comune. Ogni candidato deve sottoscrivere un modulo di accettazione della “carica”, stessa cosa la fa anche il candidato sindaco. Inoltre poi la lista completa dei candidati necessita di almeno 30 sottoscrittori. Insieme a questi materiali va presentato il programma ed il logo identificativo.

Com’era composta la tua lista?
Eravamo tredici persone: quattro che avevano già avuto esperienze in amministrazioni pubbliche e nove volti nuovi, cinque dei quali con meno di 40 anni. 

Cosa ci racconti della campagna elettorale?
Ovviamente ci siamo avvalsi di internet e dei social network: email e profilo facebook su tutti. Poi, essendo un paese inferiore ai 5.000 abitanti, il grosso è stato fatto faccia a faccia. Incontrando le persone e pianificando incontri con le realtà locali. Solo il venerdì prima del silenzio elettorale abbiamo fatto un incontro informale in piazza. 

Dai, ora svelaci qual è stato il risultato.
Abbiamo perso. Ci ha scelto circa il 23% dei votanti. A livello pratico ovviamente non abbiamo raggiunto il risultato ma, per chi come me si affaccia per la prima volta ad un’elezione, è emozionante sapere che qualcuno ha apprezzato il nostro progetto. Non c’è nulla di scontato per chi non è “professionista” della politica. 

Ci sono stati dei tasti dolenti in questa tua avventura?
Purtroppo sì. E ne avrei fatto volentieri a meno. Lettere anonime e scritte sui muri nei confronti di alcuni componenti della lista. I più esperti mi hanno spiegato che sono cose che possono succedere: bè, secondo me non è proprio così. Sono episodi che andrebbero sempre denunciati e anche con forza e sdegno. Un conto è avere idee diverse, un conto è insultare. La logica dell’insulto infatti è l’anti-politica per antonomasia, anche se negli ultimi anni sembra essere diventata all’ordine del giorno. 

A parte questi episodi, credi che questa esperienza ti abbia arricchito?
Penso proprio di sì. Ho imparato tante cose: molte dinamiche di norma invisibili, molti cavilli burocratici e soprattutto ho avuto la conferma che non è la politica che sporca ma è come la si fa che fa la differenza. In tutti i campi della vita ci si trova di fronte a bivi di questo tipo: chi all’università non ha visto il raccomandato di turno prendere un trenta immeritato! Ma penso che in pochi abbiano desistito per questo da portare avanti il proprio ciclo di studi. 

Quindi che cosa ti senti di dire ai tuoi coetanei?
Se ne avete modo, provate a mettervi in gioco. così sperimentate se potete dare il vostro contributo, specialmente a livello locale. Portate con voi tutto il bagaglio che avete, gli studi, i vostri interessi, la volgia di dare. Non lasciamo decidere a priori sul nostro futuro ai “capelli bianchi”. 

Ebbene si, questa Sara, sono io.