Riforma del lavoro e lavoratori atipici: che succede?

di Francesco Gentile

Intervista ad Angelo Savio, segretario della Nidil Cgil  Napoli. (Francesco Enrico Gentile)

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La riforma del mercato del lavoro, la modifica dell’Art.18, la stretta sull’utilizzo illegittimo di una serie di strumenti di flessibilità hanno scatenato in queste settimane nel Paese reazioni contrastanti.

Come spesso accade sulle italiche vicende la discussione si è già viziata di ideologismi, partigianerie, durezze che di certo non fanno bene ad una discussione estremamente delicata e importante, per le conseguenze sociali ed economiche connesse.

Con Angelo Savio, segretario NIDIL Cgil di Napoli, ServizioCivileMagazine, fa un punto della situazione per quanto riguarda i lavoratori atipici.

Nel corso di questi mesi nelle dichiarazioni del Premier Monti e del Ministro del Lavoro Fornero  è più volte risuonato il riferimento alla condizione lavorativa dei giovani. Che giudizio dai sull’operato del Governo?
Il Governo dice che per dare tutele ai giovani bisogna necessariamente togliere diritti ai “padri”: ma non sono i diritti che ostacolano il lavoro, i diritti danno dignità al lavoro. E dire che si assume un giovane “a tempo indeterminato” ma senza articolo 18 non riduce la precarietà, ma al contrario lascia i precari sotto l’arbitrio delle scelte aziendali.

Dal punto di vista di chi opera con i lavoratori atipici, che giudizio dai della riforma del lavoro in discussione in questi giorni?
La precarietà non si riduce, ma si conferma salvando le tipologie di "contratti precari”. Anche quelle più incomprensibili e ingiuste, come il "lavoro a chiamata”, seppure soggette ad interventi di manutenzione che ne ridefiniscono i profili normativi, rimangono tutte a disposizione dei datori di lavoro.

Quali azioni secondo te dovrebbe mettere in campo per produrre realmente dei benefici per i lavoratori atipici?
Nidil Cgil Napoli rivendica una rivisitazione  totale dei requisiti per l'accesso agli ammortizzatori sociali, che sono troppo elevati perché i precari possano accedervi.

Nella proposta di riforma non ci sono gli ammortizzatori sociali estesi a tutti mentre l'Aspi, che sarà la nuova assicurazione sociale per l'impiego, esclude proprio i precari (contratti a progetto, co.co.co, p.iva, assegni di ricerca). Nessun miglioramento neanche per chi lavora con contratti subordinati a tempo determinato perché i requisiti per accedere all'indennità (2 anni di anzianità contributiva e 52 contributi settimanali versati) lasceranno comunque fuori i più giovani o i meno giovani che hanno cambiato lavoro, o più semplicemente coloro che hanno cambiato spesso il loro contratto, ma svolgono da anni le stesse mansioni.

Ridimensionare l'associazione in partecipazione e contrastare le "false” prestazioni professionali in regime di Partita Iva è utile e sacrosanto, ma non basta se non si tocca l'abuso di tutti quei "contratti precari” dietro i quali spesso si nasconde il lavoro dipendente. Anche l'intervento sulle "false” prestazioni professionali con partita IVA con "monocomittenza” risulta inefficace, nel merito e nella dimensione, se non ci sono disincentivi di costo per i datori di lavoro (i falsi committenti) e soprattutto se non si estende la ridefinizione normativa anche ai "professionisti” che hanno un ordine o un albo professionale di riferimento. Secondo la riforma, dunque, se ad essere sfruttati sono i giornalisti, gli architetti, gli ingegneri e gli avvocati che lavorano con partita IVA, ma in realtà fanno un lavoro dipendente, "la truffa” è consentita e legittima.