Scrivere, scrivere, scrivere! I consigli del miglior addetto stampa dell'anno

di Anna Laudati
Intervista ad Andrea Giansanti  addetto stampa dell’Asppi (di Gianfranco Mingione)

addetto_stampa_2008.jpg“Scrivere, scrivere, scrivere”…. Un insegnamento fondamentale, un richiamo ai maestri del giornalismo come Enzo Biagi e Indro Montanelli, che hanno letteralmente “calpestato” il terreno alla ricerca delle fonti del loro giornalismo. A ricevere il prestigioso “Premio Nazionale Giornalismo: L’Addetto Stampa dell’Anno”, il giornalista e addetto stampa pontino Andrea Giansanti.

La cerimonia di premiazione – giunta al sesto anno - è avvenuta lo scorso ottobre a Bologna, presso l’Auditorium della Regione Emilia Romagna. Il premio è fra i più prestigiosi, oltre ad essere l’unico premio attribuito ai comunicatori che lavorano nel panorama degli Uffici Stampa. Presenti in giuria vari testimoni del mondo della comunicazione come il semiologo Omar Calabrese e Ruben Razzante, docente di diritto dell’informazione al’Università Cattolica di Milano, nonché Direttore della Scuola di Giornalismo di Potenza.

 

Le è stato assegnato un premio prestigioso.  Quali secondo lei le motivazioni? Il premio viene assegnato ogni anno dall’ordine dei giornalisti in collaborazione con il gruppo giornalisti uffici stampa che è quello che segue l’attività degli uffici stampa su tutto il territorio nazionale. Ricevere tale premio in una sede così prestigiosa, così come leggerne la motivazione è stato per me motivo di orgoglio e gratificazione professionale: “Giansanti – si legge nella motivazione del premio – ha sviluppato coerentemente per contenuti, finalità, metodologie, la diffusione e la veicolazione delle proposte, delle iniziative e delle posizioni dell’Associazione a livello nazionale, particolarmente durante i lavori del Tavolo di concertazione sulle Politiche Abitative attivato nella primavera del 2007 dal ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. Il capo ufficio stampa dell’Asppi ha redatto cronaca dettagliata e puntuale, fornendo un lavoro unico di sintesi di un’esperienza importante per lo sviluppo delle Politiche della casa in Italia”.L’importanza di ricevere questo premio risiede proprio, a mio avviso, nel considerare, nel mettere in luce coloro i quali lavorano nell’ombra: gli addetti stampa”.

 

Chi è, e cosa fa oggi l’addetto stampa? Gli addetti stampa sono in generale coloro che promuovono, secondo la deontologia professionale, e quindi rispettando il codice etico e morale del giornalista, le attività delle associazioni, delle aziende, degli enti presso le quali lavorano. E’ un giornalista a tutti gli effetti nonostante molti degli addetti stampa non si sentano dei giornalisti.   

 

Come mai? nell’ambito della sua duplice veste di giornalista e addetto stampa ha notato conflitti intraprofessionali? Forse un conflitto di riconoscimenti sì, nel senso che il giornalista – il quale pubblica dei pezzi apponendo la propria firma – difficilmente riconosce come collega  l’addetto stampa o il capo ufficio stampa. Questo perché, detto in maniera brutale, per il giornalista, l’addetto stampa attacca il mulo dove “glielo dice il padrone”. Ciò vuol significare che gli enti, le associazioni e le imprese dicono all’addetto stampa e l’addetto stampa fa il suo lavoro, in maniera tale da esaltare gli aspetti positivi e circoscrivere quelli negativi. Ma l’addetto stampa opera in tal modo differenziandosi dal portavoce, ad esempio, che ha una grande influenza e presenza negli ambiti politici, ed è poi colui che interpreta gli animi e il modo di vedere del soggetto per cui lavora. L’ufficio stampa o il giornalista che fa ufficio stampa è vero che esalta le positività, così come è vero che deve comportarsi secondo deontologia professionale. E’ un giornalista tanto quanto chi firma gli articoli. Vestendo la duplice veste di addetto stampa e giornalista, non trovo questo conflitto fra le due condizioni professionali; però è vero che una delle due – l’addetto stampa – viene difficilmente riconosciuta.  

 

Quanto è importante e come crea la differenza il pensare iniziative innovative nel campo della comunicazione? Il motivo per il quale ho ricevuto il premio è perché ho ricoperto, e ricopro, il ruolo di addetto stampa di un’associazione di categoria nazionale, l’ASPPI (Associazione Sindacale Piccoli Proprietari Immobiliari). Un’associazione che si va a scontrare con imprese importanti o enti pubblici altrettanto di rilievo, vincitrici anch’esse di premi prestigiosi. Ad esempio il premio alla carriera è stato assegnato il premio alla carriera a Fabio del Boni, attuale Direttore della comunicazione del gruppo assicurativo Allianz Italia. Per me, per noi, è stato importante ricevere questo premio anche in considerazione di questi grandi soggetti importanti. Questo premio rappresenta per una piccola associazione, l’impegno svolto all’interno di un piano di azione che era esso stesso innovativo. Un sistema di coinvolgimento di associazioni che è stato tale, da poter permettere un incontro di soggetti diversi, a un tavolo di discussione sui probabili sviluppi del problema casa in Italia. Da un’iniziativa innovativa non comunicazionale - ma di concertazione fra soggetti diversi -  c’è stata una capacità forse innovativa di trasmettere questo messaggio a livello comunicazionale, inserendosi in un contesto globale attraverso il quale dare un messaggio nuovo e diverso. Testimonianza di questo nuovo messaggio è stata anche la mia presenza come giornalista a un evento del genere. Per la prima volta, il Presidente dell’ASPPI Luigi Ferdinando Giannini, anziché portare con sé un segretario a svolgere le mansioni di giornalista e addetto stampa, ha portato me dando rilievo e importanza a un ruolo fino ad allora non figurante nell’organico dell’associazione.  

 

Cosa consigli ad un giovane che oggi vuole avvicinarsi a questa professione, a quella del giornalista o addetto stampa? Il lavoro del giornalista si impara sul campo. Io ho iniziato scrivendo per un piccolo giornale di provincia che si chiama “La Piazza”. Per questo giornale settimanale scrivevo di sport minori, l’ultima cosa, assieme agli appuntamenti e alle sagre, che veniva scritta. Purtroppo, oggi, è stata declassata la Laurea nel nostro Paese. Nel senso che si continua a studiare perché non ci sono altre opportunità concrete e manca un progetto, da un punto di vista  delle politiche del lavoro, in collegamento con le politiche della scuola, che permetta di formare persone e lavoratori in maniera tale da concedere  un ventaglio di opportunità. Si arriva  a19 anni con un diploma e non si può far niente altro che proseguire gli studi. E quando non si ha nient’altro da fare si scelgono quelle facoltà  che sembrano poter dare una visione e una panoramica più ampie rispetto ad altre. A questo si aggiunga la considerazione di molti ragazzi sul meno impegno che questa scelta può determinare, più che andare in fabbrica o svolgere lavori fisicamente più duri. Si sceglie, purtroppo, l’impegno che può sembrare minore.  

Ma se dovessi dire a  un giovane in tre passaggi cosa fare per avvicinarsi a questa professione, quali sarebbero? Scrivere, scrivere, scrivere! Senza l’occasione di lavorare sul campo e di cimentarsi direttamente nella professione è impossibile farlo bene. Ma anche avere la mentalità giusta visti i tempi che stiamo passando. E’ importante sentirsi giovani sempre, a qualunque età, ovvero avere un modo di approccio alla realtà sociale e professionale sempre giovane. Questo vuol dire essere pronti a ricollocarsi, riformarsi, rinnovarsi a un mondo che cambia continuamente. Ma a rivestire un’importanza essenziale è, secondo me, quella di vestire abiti diversi  ed essere in grado di adattarsi a quegli abiti. La capacità di vestire abiti diversi è importante in quanto l’eclettismo in questa professione è fondamentale per farla bene oggi. L’iperspecializzazione va bene soppesata, però, da uno studio forte e a 360 gradi. Talvolta è richiesta anche la capacità di adattarsi a quei vestiti. Questa capacità non appartiene a tutti, tantomeno a me, poiché ritengo che se per continuare una professione  bisogna cambiare la propria mentalità, il proprio essere e non soltanto conoscere altre cose, non fa per me e non lo consiglierei a nessuno. Scendere a questi compromessi si rifletterebbe anche sulla comunicazione. Purtroppo in questi casi ci si autocensura e arrivare a questo significa non essere più liberi; il che è diverso dall’esser censurati da un soggetto terzo.