Il Libro: “Handicappato e carogna!

di Anna Laudati

Parla David Anzalone, attore e autore del libro: Sei diversamente abile? No, handicappato. Poi ride (di Veronica Centamore)

anzalone.jpgQuali disagi fisici e psicologici comporta il suo stato? «Diversi. Ma il più grande per uno spastico è quando deve slacciare il reggiseno a una donna ». Come resistere a un’ironia del genere? L’autore di questa meravigliosa battuta-verità è David Anzalone. Diagnosi: tetraparesi spastica, cioè un deficit muscolare dei quattro arti, che gli provoca problemi di deambulazione e difficoltà nell’articolazione della parola. Questa è la sua compagna di viaggio di una vita, a volte scomoda ma non per questo meno degna d’essere vissuta. 

«D’estate i miei genitori mi mandavano in vacanza dalla nonna materna a Piticchio, un piccolo borgo medioevale, abitato perlopiù da anziani, nell’entroterra marchigiano. Ogni pomeriggio i nonnetti si radunavano in una piazzetta nei pressi delle mura. Mi sentivo i loro sguardi addosso. “Poverino, che disgrazia...”, mormoravano. Pensai: vuoi vedere che stanno parlando di me? Ebbi uno scatto d’orgoglio:ma quale disgrazia, in fondo sono soltanto handicappato! Così decisi di andarmi a sedere proprio in mezzo a loro. Fuggifuggi generale. I pochi rimasti avevano l’espressione di chi pensa: “E ora? Lo guardo o faccio finta di niente?”. Finché un vecchietto prese coraggio ed esclamò: “Ma non è che per caso s’attacca?”. La “malattia”, intendeva. E io, di rimando: no, tranquillo, solamente se sputo. Ci fu un attimo di silenzio, poi tutti scoppiarono a ridere. In quel momento capii che con le risate potevo movimentare un po’ l’ambiente».

Passati 23 anni, è questo che David Anzalone continua a fare: ridere di se stesso. David ha scelto la strada dell’arte, una strada difficile e tortuosa per chiunque ma non impossibile da praticare se si è in possesso almeno di un cuore che batte pulsioni d’artista e una mente capace di partorire idee brillanti. Il sacro fuoco dell’arte è un’attrattiva che non si nega a nessuno, normodotato o meno che sia, e questo ne è un esempio grandioso.

Internet, tv, teatro (il suo monologo Targato H, che dal gennaio 2006 ha girato l’Italia, tornerà in scena a grande richiesta: prima tappa Milano, Teatro della Cooperativa), fino ad arrivare anche in libreria, con Handicappato e carogna, (scritto con Alessandro Castrista) David sta attraversando i vari luoghi deputati del far arte, un perfetto esempio di cross-medialità (si potrebbe dire).

«Carogna» perché la punta di diamante di Anzalone, in arte Zanza, è il sarcasmo, che esercita anche e soprattutto contro le persone nelle sue stesse condizioni. Si presenta così: «Dopo tanti comici handicappati, finalmente un handicappato che fa il comico. Ci chiamano diversamente abili e tu stai tutta la vita a chiederti: ma a che cazzo sarò abile io? (…) handicappato mi ci hanno fatto.

Carogna l’ho scelto io, però non ricordo quando». Prende di mira i luoghi comuni e il pietismo che circondano coloro che condividono la sua stessa sorte e lo fa senza riguardi per nessuno e nessuna condizione. Come quando denuncia il cinismo dei genitori che accompagnano i figli handicappati alla visita della commissione medica incaricata di accertare il grado d’invalidità da cui dipende il vitalizio. «Non si chiedevano reciprocamente il nome del figlio, come si usa fare per fingere un reale interessamento. No, loro chiedevano con avida curiosità: “Ma il tuo, che percentuale ha?”. Come se si cercasse di carpire quanto vale in termini economici una mancata normalità, come se potesse esistere un risarcimento all’altezza del danno o come se i soldi potessero sopperire a una deficienza. «Ho sempre avuto coscienza del mio handicap, in fondo siamo nati insieme.

È lui che ancora non si rassegna a stare con me». Ma la sua affermazione più bella arriva quando parla della diversità, quella cosa che a molti fa paura in quanto vista con una connotazione negativa, visto che “tutti dobbiamo necessariamente essere uguali fra noi”, ma che alcuni (per fortuna) non accettano. La bellezza della diversità ci dà la possibilità della completezza. Possibile che molti ancora non l’abbiano compreso? Ma soprattutto come si fa a non vedere una nota di ipocrisia in questa affermazione? «Se devo dirla tutta, la mirabolante e diffusissima idea che gli handicappati siano persone normali, come tutte le altre, è veramente la più grande cazzata in circolazione oggi nel mondo», scrive nel libro «Ma è la verità! Noi handicappati non siamo normali. Siamo diversi. È importante ricordarselo, sempre. Le faccio un esempio: se lo tenessero ben presente gli architetti che progettano le case e le città, sicuramente ci sarebbero meno barriere architettoniche”Ed ecco un esempio di consapevolezza della condizione esistenziale tutta quando gli si chiede come vuol essere definito e lui risponde: «Handicappato mi va benissimo. Detesto gli eufemismi che servono a mascherare la paura dell’incontro con l’altro (…) François Rabelais, l’umanista di Gargantua et Pantagruel, diceva che ridere è cosa umana. Ecco, essere handicappati o avere un familiare o un amico con un handicap fa parte della vita, è cosa umana. In fondo si ride anche della morte. Non capisco perché non si possa ridere dell’handicap» o cosa gli piacerebbe fare e che gli è impedito dalla sua condizione: “Capita a tutti di voler fare delle cose e di non riuscirci per un motivo o per un altro. Mi sarebbe piaciuto diventare il chitarrista dei Rolling Stones. Visto lo stile di vita di Keith Richards, non è detto che non succeda».

Particolarmente toccante è sentire un handicappato che vuol riconosciuto il proprio diritto a essere pure un… rompipalle perché «… la gente è vittima dei preconcetti. Considerare buoni a priori gli handicappati è un modo per tenerli a distanza. I preconcetti sono armi per difenderci, goffamente, da tutto ciò che è diverso da noi». Si, perché quando a qualcuno succede qualcosa di negativo chissà per quale motivo, forse per umana pietas, automaticamente rientra nella categoria di “brava persona” così come quando la gente muore… improvvisamente tutti erano dei buoni cristiani.

Ma la cosa più interessante che riguarda questo ragazzo e che fa passare in secondo piano tutto ciò che concerne il suo stato fisico “particolare”, è la recitazione, il dono del dare, del darsi agli altri essendo chi si vuol essere, decidendolo e in qualunque modo possibile, quello che conta è soltanto che arrivi un’emozione «All’inizio il pubblico rimane un po’ spiazzato, cerca di capire che cosa sta succedendo in scena. Passati pochi minuti, comincia a ridere e non si ferma più. Durante uno spettacolo per una scuola superiore, nei posti in fondo alla sala c’erano una decina di ragazzi che mi prendevano in giro. Dopo poche battute hanno cominciato a ridere anche loro e mi hanno seguito con attenzione sino alla fine. È stata una delle più grandi soddisfazioni della mia vita».

I testi dei suoi spettacoli sono frutto della sua mente non del suo corpo e questo dovrebbe farci riflettere tanto, inoltre, importante è la collaborazione con Castriota. “Alessandro è un visionario che ha il dono della concretezza. Grazie a lui qualsiasi nostra idea prende corpo. Insieme formiamo una miscela esplosiva. Se la vita è fatta d’incontri, devo dire che questo è stato un incontro magico» (…) Siamo entrambi di Senigallia ed entrambi abbiamo la passione per il teatro. In più nessuno dei due è normale. Come potevamo non incontrarci?».Splendidamente vera una sua considerazione, degna del più grande comico mai esistito, quando gli si chiede quanto abbia influito nella sua vita la scelta di fare l’attore «Non so se la gente mi consideri di più, però ho più gnocca». E poi un pensiero va alla famiglia  «S’erano appena rassegnati ad avere un figlio handicappato. Quando ho deciso di fare il comico sono ripiombati nella disperazione». Ma David è degno pure di riflessioni più seriose ad esempio quando gli si chiede se è favorevole o contrario a scuole speciali o classi differenziali per handicappati (chi meglio di lui potrebbe esprimere un parere degno di nota, in merito, quello che spesso molti nostri burocrati dimenticano di fare, domandare a chi subisce le loro decisioni)? «Io sono per la mescolanza. È importante che persone diverse possano imparare a confrontarsi e a rispettarsi fin da piccole. Se cominciamo oggi a dividere i bambini per categorie, domani avremo una generazione di adulti incapaci di rapportarsi con tutto ciò che è diverso da loro. Praticamente una tragedia».

Nel libro scrive che la sua massima ambizione sarebbe imitare lo spagnolo Josito, il primo disabile protagonista di un film porno quando gli si chiede se questa affermazione sia uno scherzo…  «Non scherzo mai su queste cose (…) essere attore in un film hard può avere i suoi vantaggi». Dice di aver cercato anche l’amore a pagamento, ma nemmeno le prostitute l’hanno preso sul serio.

«Ero molto combattuto. L’amore non si compra, mi dicevo. Poi però, razionalizzando, sono giunto alla conclusione che, almeno nel mio caso, si sarebbe trattato di un noleggio. Era una straniera. La mia  camminata ondulatoria la convinse che mi fossi perso per strada. La cosa bella fu che, non appena provavo a spiegarle le mie serie intenzioni di acquirente, lei mi ripeteva: “Tranquillo, non agitare, essere io qua con te! Non agitare, adesso chiamo polizia e faccio accompagnare te a casa”. Ho voluto raccontare questa vicenda paradossale per sottolineare che anche una persona ai margini della società, come una prostituta, può diventare prigioniera del pregiudizio secondo cui l’handicappato è asessuato». Proseguendo con la sessualità…

«Per me le donne sono come le Olimpiadi: ce n’è una ogni quattro anni (…)  secondo me, la sessualità è una questione soggettiva: ognuno deve sperimentare la propria via al piacere senza preclusioni. E poi, tornando a me, è vero che ho avuto le donne come le Olimpiadi però, ogni volta, ho fatto il record»

Pure l’arte è una questione di soggettiva… ognuno deve sperimentare la propria via del piacere senza preclusioni. Grazie David, è un vero piacere.