I giovani e il Festival dell'Impegno Civile

di Anna Laudati

Nel corso della tre giorni si è discusso di legalità e di come iniziare a riappropriarsi degli spazi e dei luoghi che, solo fino a pochi anni fa, erano territtori di sangue, di scontro tra i boss dei clan della zona (di Giuseppina Ascione

festival-dellimpegno-civile-le-terre-di-don-peppe-diana.jpgSi è concluso domenica 21 giugno il Festival dell’Impegno Civile a Casal di Principe. Un’occasione importante, che ha visto il ritorno della società civile nelle terre devastate dalla camorra. Aldo Cimmino, giovane impegnato con l’associazione Libera, nonché membro del comitato organizzatore dell’evento, ci parla del significato di occasioni come questa e dell’alto valore civile e morale che costituisce per la popolazione locale. Perché nasce il Festival dell’Impegno Civile? Il festival dell’Impegno Civile nasce dall’esigenza di riavvicinare, le comunità locali, a tutti quei beni e quelle terre che sono state sottratte loro dalla violenza e dall’arroganza camorristica.

 È l’occasione di fare festa in quei beni che prima erano luoghi di morte e che adesso sono pronti ad essere luoghi di vita, di democrazia e di lavoro e quindi per valorizzare l’uso sociale dei beni confiscati. È un’esperienza inoltre condivisa dai comuni di Casal di Principe, Castelvolturno, Cancello ed Arnone, Mondragone e Sessa Aurunca, proprio a dare un segnale di continuità territoriale oltre che amministrativa circa la linea assunta dallo Stato nei confronti della camorra e dei beni che ha tolto ai cittadini.

Quali sono stati i momenti più importanti e quali i temi trattati? Il momento senza dubbio più significativo e simbolicamente più forte, è stato quello della semina simbolica delle terre dove sorge l’ex masseria del boss Zaza e dove invece sorgerà la prima cooperativa “Libera Terra” in Campania che produrrà la cosiddetta “mozzarella della legalità”. È stato cosi forte perché sul trattore che sovrastato quel terreno della camorra c’era Gennaro Diana padre di don Peppino Diana.

Cosa vuol dire parlare di legalità nelle terre martoriate dalla camorra? Significa caricarsi di un’enorme responsabilità, significa far seguire immediatamente i fatti alle parole perché la credibilità di quanti parlano di legalità in terre di camorra non deve mai cedere ne vacillare anche se i fatti spesso dimostrano il contrario. Significa anche scontrarsi ancora con la diffidenza di quanti vivono quotidianamente il territorio anche se le cose stanno cambiando ed il cambiamento si vede.

Ci sarà un seguito per questo importante evento? Si, la terza edizione si spera, questa che si è appena conclusa è stata la dimostrazione di un’iniziativa che ha già avuto un seguito ed è anche cresciuta sia dal punto di vista dei progetti che da quello artistico, infatti moltissimi artisti hanno voluto dare il loro contributo presentando in occasione del Festival in anteprima nazionale o regionale le loro opere

Qual è il ruolo che i giovani devono avere per promuovere la legalità tra i loro coetanei? Il ruolo di noi giovani è un ruolo fondamentale, talvolta indispensabile. Come dice don Luigi Ciotti, presidente nazionale di “Libera” i giovani non sono il futuro ma il presente di queste terre e di queste realtà. Spetta a loro, penso, essere protagonisti attivi di una rinascita sociale e di una rivoluzione culturale che possa fare ottenere la conquista di una comunità definibile come civile e libera dalle mafie.