Il crocifisso tra tradizione e fede non può andar via da Roma

di Anna Laudati
Gli italiano non si vogliono rassegnare alla sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Siamo ancora lontani da una concezione laica del Belpaese (di Giuseppina Ascione) 

crocifisso_30cs_d015.jpgUna mozione di condanna alla sentenza di Strasburgo sul divieto del crocifisso nelle scuole è stata presentata ieri in consiglio comunale a Roma. Si chiede al sindaco Alemanno di «attivare gli opportuni procedimenti presso le istituzioni italiane e comunitarie affinché questa decisione venga riveduta e annullata». Questi i fatti. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso la sentenza: “Via il crocifisso dalle aule delle scuole”. La sentenza, prima in assoluto circa i simboli religiosi nelle scuole, nasce da un ricorso presentato nel 2002 da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che aveva chiesto all'istituto statale frequentato dai suoi due figli, di rimuovere i crocifissi dalle aule.

 A nulla, in precedenza, erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia. Ora i giudici di Strasburgo le hanno dato ragione: la Corte europea dei diritti dell'uomo ha previsto che il governo italiano dovrà pagare alla donna un risarcimento di cinquemila euro per danni morali.. “La presenza del crocifisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche - si legge nella sentenza dei giudici di Strasburgo - potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso, che avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione”. Tutto questo, prosegue la sentenza, “potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose, o che sono atei”. Ancora, la Corte “non è in grado di comprendere come l'esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata concepita dalla Convenzione europea dei diritti umani, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana”. L'esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione in luoghi che sono utilizzati dalle autorità pubbliche, e specialmente in classe, limita il diritto dei genitori di educare i loro figli in conformità con le proprie convinzioni - concludono i giudici della Corte europea dei diritti umani - e il diritto dei bambini di credere o non credere. Non sono mancate le polemiche dal mondo politico.

La prima ad esprimersi circa la decisione della Corte è il ministro Maria Stella Gelmini, che in una nota annuncia che il governo italiano presenterà ricorso e sottolinea: "la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo ma è un simbolo della nostra tradizione". "In attesa di conoscere le motivazioni attraverso le quali la Corte di Strasburgo ha deciso che i crocefissi offenderebbero la sensibilità dei non cristiani, non posso che schierarmi con tutti coloro, credenti e non, religiosi e non, cristiani e non, che si sentono offesi da una sentenza astratta e fintamente democratica". Così il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia. "Chi offende i sentimenti dei popoli europei nati dal cristianesimo è senza dubbio la Corte di Strasburgo. Senza identità non ci sono popoli, e senza cristianesimo non ci sarebbe l'Europa. Che destino paradossale: proprio coloro che dovrebbero tutelare il senso comune si danno da fare per scardinare la nostra civiltà. Si vergognino!". Analoga la posizione di Gabriella Carlucci, vice Presidente della Commissione Bicamerale per l'Infanzia, che trova “assurda e gravissima la sentenza. Già il Tar ed il Consiglio di Stato si erano pronunciati sulla vicenda rigettando le richieste della cittadina finlandese e dichiarando che: 'il crocifisso è il simbolo della storia e della cultura italiana, e di conseguenza dell'identità del Paese, ed è il simbolo dei principi di eguaglianza, libertà e tolleranza e del secolarismo dello Stato. Un pronunciamento ineccepibile che viene completamente sovvertito dalla Corte europea''. Anche Pierferdinando Casini, leader dell’Udc, afferma che "la scelta della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo è la prima conseguenza della pavidità dei governanti europei, che si sono rifiutati di menzionare le radici cristiane nella Costituzione Europea. Comunque, nessun crocifisso nelle aule scolastiche ha mai violato la nostra libertà religiosa, né la crescita e la libera professione delle fedi religiose. Quel simbolo - conclude - è un patrimonio civile di tutti gli italiani, perché è il segno dell'identità cristiana dell'Italia e anche dell'Europa".

E mentre il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna sottolinea come siamo altre “e non certo la presenza di un crocefisso nelle aule scolastiche le vere limitazioni della libertà individuale: penso al burqa e al niqab. Su questi mi aspetto che la Corte europea si pronunci in maniera altrettanto netta e chiara”, il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola parla del crocifisso “di un simbolo universale di amore, di mitezza e di pace". Dubbi sulla decisione della Corte di Strasburgo sono espressi anche dal presidente della Camera Gianfranco Fini, che auspica “che la sentenza non venga salutata come giusta affermazione della laicità delle istituzioni che è valore ben diverso dalla negazione, propria del laicismo più deteriore, del ruolo del cristianesimo nella società e nell'identità italiana” e dal neo-leader del Pd Pierluigi Bersani secondo cui “un'antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno”. Secondo il ministro Bondi, coordinatore del Pdl “queste decisioni ci allontanano dall'idea di Europa di De Gasperi, Adenauer e Schuman. Di questo passo il fallimento politico è inevitabile”, mentre Paola Binetti, del Pd, spera “che la sentenza sia semplicemente orientativa, che si collochi cioè nel rispetto delle credenze religiose”. Esulta invece Raffaele Carcano, segretario nazionale dell'Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, parlando di “un grande giorno per la laicità italiana”. In linea anche Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, che esprime “un plauso per la sentenza: uno Stato laico deve rispettare le diverse religioni, ma non identificarsi con nessuna”. Per Massimo Donadi, capogruppo di Italia dei valori alla Camera “la sentenza di Strasburgo non è una buona risposta alla domanda di laicità dello Stato, che pure è legittima e condivisibile”. Duro Adel Smith, presidente dell'Unione musulmani d'Italia: “I sostenitori del crocefisso in aula dovevano aspettarselo: in uno Stato che si definisce laico non si possono opprimere tutte le altre confessioni esibendo un simbolo di una determinata confessione”.

E non è unanime neppure il commento dei sindacati italiani della scuola dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. A prevalere è lo scetticismo. Un giudizio decisamente positivo arriva solo dalla Flc Cgil, mentre Cisl scuola e Snals scuola criticano la sentenza. Naturalmente anche il Vaticano ha commentato la sentenza: “Il Crocifisso - ha spiegato padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede - è stato sempre un segno di offerta di amore di Dio e di unione e accoglienza per tutta l'umanità. Dispiace che venga considerato come un segno di divisione, di esclusione o di limitazione della libertà. Non è questo, e non lo è nel sentire comune della nostra gente. In particolare, è grave - ha aggiunto - voler emarginare dal mondo educativo un segno fondamentale dell'importanza dei valori religiosi nella storia e nella cultura italiana. La religione dà un contributo prezioso per la formazione e la crescita morale delle persone, ed è una componente essenziale della nostra civiltà. È sbagliato e miope volerla escludere dalla realtà educativa”, ha sottolineato il religioso. Che poi ha aggiunto: “Stupisce che una Corte europea intervenga pesantemente in una materia molto profondamente legata all' identità storica, culturale, spirituale del popolo italiano».. «Non è per questa via - ha concluso - che si viene attratti ad amare e condividere di più l'idea europea, che come cattolici italiani abbiamo fortemente sostenuto fin dalle sue origini”.

Intanto i giovani e l’opinione pubblica appaiono perplessi, se da un lato sono tutti concordi nel ritenere il crocifisso un simbolo non solo religioso ma soprattutto l’espressione della tradizione e della storia del nostro paese, dall’altro è chiaro che in uno stato laico tutti debbono avere le medesime opportunità. Le minoranze religiose nel nostro paese non sono solo figlie dell’immigrazione degli ultimi anni, ma sono altresì espressione della storia e del radicamento culturale italiano. Molte comunità non cattoliche presenti oggi sul territorio nazionale hanno contribuito ad accrescere il nostro patrimonio culturale che non è fatto solo di cattolicesimo, si pensi solo al quartiere ebraico di Roma che durante la II guerra mondiale pagò un prezzo altissimo eppure se non ci fosse Roma non avrebbe lo stesso volto e la storia del nostro paese non sarebbe la stessa, mancherebbero pagine, nomi, volti.