Anolf Giovani di 2^ generazione. In Parlamento si discute di cittadinanza

di Anna Laudati

Essere o non essere cittadini. I giovani della 2^ Generazione in piazza per il riconoscimento di una nuova concezione del diritto di cittadinanza. Ne parliamo con Maruan Oussafi, Responsabile Nazionale e  VicePresidente dell’Anolf Giovani di 2^ generazione (di Gianfranco Mingione)

20078_1230261889402_1614755847_581128_3278347_n1.jpgDopo quindici proposte presentate, discussioni e rinvii il Parlamento affronta in questi giorni la riforma della normativa che regolamenta l’ottenimento della cittadinanza. L’ultimo testo licenziato dalla commissione Affari costituzionali della Camera, ha come firmataria Isabella Bertolini del PDL. Molti i pareri contrari, fra i quali, i più importanti e negativi, giungono dall’associazione ANOLF Giovani di 2^ generazione.

Ne parliamo con Maruan Oussafi, 23 anni, vive a Frosinone, studente in Scienze Politiche che da due anni ricopre l’incarico di Responsabile Nazionale dell’Anolf Giovani di 2^ generazione nonché VicePresidente dell’Anolf Nazionale: “A nostro avviso – sottolinea Maruan - è giusto sostenere la proposta bipartisan Sarubbi-Granata che prevede la cittadinanza per i figli d’immigrati che sono nati qui o giunti da piccolissimi. (…) c’è bisogno - afferma Maruan - di avvicinare le persone su questi temi, informarle, non con demagogia ma con responsabilità. Quella responsabilità che ha sempre contraddistinto la nostra Organizzazione”.

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Perché nasce l’ANOLF e quali sono i suoi obiettivi? L'ANOLF- Associazione Nazionale Oltre Le Frontiere - è un’associazione promossa dalla CISL che dal 1989 racchiude immigrati di varie etnie a carattere volontario e democratico con lo scopo di combattere il razzismo e la xenofobia. Essa annovera fra tutte le sue strutture territoriali e regionali più di 15.000 giovani di 2^ generazione, per questo motivo si è deciso di costituire l'ANOLF Giovani di 2^ Generazione, che è un coordinamento di giovani figli d'immigrati originari di varie etnie e continenti come Africa, Asia, Europa e America Latina. Un coordinamento che ha lo scopo di dare rappresentanza, partecipazione e aggregazione a questi giovani che nel loro percorso di vita affrontano problematiche urgenti oltre a coinvolgerli nella vita complessa dell'associazionismo e del sindacato rendendoli partecipi nei processi decisionali. 

La popolazione europea, e non solo, è in costante mutamento nelle sue componenti sociali e si definiscono via via le cosiddette società multiculturali. Cos’è oggi per i figli della seconda generazione la cittadinanza? I figli degli immigrati, le cosiddette “seconde generazioni”, sono abitanti di una nuova regione virtuale, una regione che non si trova sulle carte geografiche eppure conta oggi ben 900.000 abitanti, tanti quanti sono i ragazzi e le ragazze di seconda generazione nati qui o arrivati qui da piccoli. Non sono stranieri, ma lo diventeranno se non saremo abbastanza lungimiranti e generosi da abbattere la barriera invisibile che li separa dai loro coetanei italiani. Giovani nati in Italia e che si sentono italiani costretti a sentirsi alieni nel paese che riconoscono con naturalezza come la loro patria: non sono immigrati, non vengono da altri paesi, non hanno attraversato frontiere, loro sono qui fin dall’inizio della loro vita. Per loro essere italiani significa partecipare attivamente e lealmente alla vita collettiva della società italiana facendo propri i valori della Repubblica, condividendone gli obiettivi di fondo e contribuendo alla loro realizzazione. 

In Italia si dibatte da molti anni sulla revisione del concetto di cittadinanza. Perché avete scelto di scendere in piazza il 22 dicembre 2009 e protestare contro la proposta di legge Bertolini?  Cosa chiedete al governo italiano? L’Anolf Giovani di 2^ generazione, insieme a tante altre Organizzazioni di figli di immigrati, è scesa in piazza davanti la Camera dei Deputati per esprimere la propria delusione a una proposta di legge dell’Onorevole Bertolini sulla riforma della cittadinanza per gli immigrati. Il testo infatti mantiene i 10 anni di residenza legale necessari per richiedere la cittadinanza e anche i nati in Italia dovranno aspettare la maggiore età e dimostrare di aver frequentato con profitto le scuole italiane. Un passo indietro rispetto all'obiettivo di introdurre nel nostro ordinamento il principio dello jus soli per conferire dignità e l’orgoglio di essere italiani alle tante seconde generazioni che vivono in Italia. Dobbiamo comprendere che il concetto di cittadinanza non può ancora essere collegato  solamente ad una matrice biologica. L’accesso alla cittadinanza è l’unica via che consente ai figli d’immigrati di essere realmente considerati alla pari e uguali nei diritti e nei doveri e ritrovarsi appieno nei valori della Carta Costituzionale, evitando il rischio che molti ragazzi di origine straniera si trovino vuoti di valori e che possano facilmente essere coinvolti in pericolosi estremismi politici e religiosi. Chi non ha la cittadinanza italiana ha ad esempio difficoltà di accesso agli ordini professionali, non può votare, non può partecipare al servizio civile volontario nazionale, importante strumento formativo di ausilio sociale e civile, e se dipende da un permesso di soggiorno per motivo di studio o lavoro, ha continui limiti di spostamento visti i tempi lunghi d’attesa dei rinnovi. Difficoltà, queste, che li rendono cittadini si serie B rispetto ai loro coetanei con cittadinanza italiana.  

Cosa pensi della proposta di legge presentata da Livia Turco per far svolgere il Servizio civile ai giovani immigrati? Possiamo inserire tale iniziativa fra quelle di cittadinanza attiva? L’Anolf Giovani lavora sin dalla sua nascita, attraverso un’attività di confronto con le istituzioni locali, affinché tutte le Regioni italiane si aprano all’esperienza del Servizio Civile Regionale rivolto anche ai tanti giovani figli d’immigrati. Certamente la proposta dell’On. Turco, costituisce una formidabile scuola della cittadinanza,  un punto di partenza importante per permettere a questi ragazzi di non rimanere invisibili nei loro territori rendendoli partecipi e protagonisti al pari dei loro coetanei italiani.