Fania Alemanno: immagino un servizio civile obbligatorio e un corpo di professionisti civili per difendere la patria

di Katia Tulipano

XV meeting volonatri Amesci. Intervista a Fania Alemanno, rappresentante nazionale dei volontari. "Il servizio civile ha bisogno di un contingente minimo di 30.000 volontari l'anno e questa è la richiesta che a gran voce facciamo da tempo". (Katia Tulipano) 

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Lo scorso 8 luglio sei intervenuta in qualità di rappresentante nazionale dei volontari al XV meeting Amesci. Quali le tue impressioni su questo incontro con centinaia di volontari?
E’ stata una bellissima esperienza: noi rappresentanti siamo il punto di contatto e di amplificazione delle necessità ed emergenze dei volontari ed occasioni di scambio dirette come quella offerta dall’evento di Amesci favoriscono lo scambio comunicativo perché, nonostante le ricerche di mezzi di informazione efficaci, la comunicazione tra i tanti volontari che ogni anno si avviano in servizio resta complessa. Inolte quest' esperienza mi ha arricchita da un punto di vista personale perché, oltre a partecipare al dibattito come relatrice, ho animato il workshop sul tema della rappresentanza concorrendo alla definizione che di essa hanno i neo volontari.

 

Durante il dibattito sei stata protagonista di un acceso confronto con il Sottosegretario Giovanardi sulla figura del volontario in servizio civile e sulla possibilità che diventi un percorso professionalizzante. Qual è la figura del volontario che immagini e cosa intendi per professionale?
Quando parlo di "percorso professionalizzante" mi riferisco alla possibilità, parimenti a quella fornita alle forze di difesa della patria armata, di decidere di difendere la propria patria in modo non violento. Ciò vuol dire la possibilità di intraprendere un percorso professionalizzante specifico, si pensi ad esempio ai corpi civili di pace, adeguatamente formati ed istruiti ad intervenire in ambito nazionale ed internazionale, a fronte di una scelta professionale adeguatamente riconosciuta, sia dal punto di vista lavorativo che valoriale. Ritengo infatti che la possibilità di affiancare corpi non armati alle missioni militari di peace-keeping o peace-building possa essere uno strumento di promozione democratica ove il territorio lo permette.

Come ad esempio nelle fasi successive agli interventi di difesa armati, dove la finalità è quella di analizzare i bisogni della comunità per dare risposte concrete e per attuare strategie che portino alla costruzione e poi all'attuazione di scelte democratiche. Non si tratterebbe di proseguire la propria "carriera" di volontario all'interno degli enti di servizio civile, come inteso dal Sottosegretario, ma di attuare una carriera specifica di difesa della patria non armata, nell'ambito del Ministero della difesa, per definizione preposto alla difesa armata e non armata del nostro Paese che fino ad oggi, a mio parere erroneamente, è stato  centrato esclusivamente sui soli strumenti armati.

Stando alle dichiarazioni del Sottosegretario Giovanardi, nei prossimi giorni in Senato si discuterà della proposta di riforma del servizio civile in Italia. Cosa ne pensi del progetto di legge del Governo e di quello presentato da altri parlamentari? Ci sono in queste proposte modelli organizzativi che condividi? Pur ritenendo necessario una riforma della normativa che regola il sevizio civile in Italia, nutro molte perplessità sul progetto di riforma che si discuterà al Senato nei prossimi giorni. Un aspetto che sto seguendo con attenzione è quello legato alla "flessibilità" del servizio, che permetterebbe di attuare progetti di durata differente sia in termini di mensilità che di orario di servizio. Il mio augurio è che tale cambiamento porti effettivamente all'ottimizzazione delle risorse destinate al servizio civile ed agli enti, e non rappresenti un escamotage per l'avvio di un numero di volontari più o meno costante nel tempo, a fronte di risorse sempre più scarse: il servizio civile ha bisogno di un contingente minimo di 30.000 volontari l'anno e questa è la richiesta che a gran voce facciamo da tempo.

Fania, quale futuro vedi per il servizio civile in Italia e cosa deve cambiare perché tale futuro sia roseo?
Le attuali condizioni di salute del servizio civile mi porterebbero a dire che stiamo assistendo ad un suo lento e doloroso spegnimento, ma il mio naturale ottimismo mi porta a dire che ciò non accadrà. Come recita lo slogan, il servizio civile è un'esperienza che, direttamente o indirettamente, ti cambia davvero la vita. E non è una frase retorica, piuttosto un'occasione unica di partecipazione giovanile. Sta al volontario riuscire a coltivare tale ruolo nella società anche successivamente all'anno di servizio, raccogliendo ciò che la semina del servizio civile ha prodotto. Per la sua valenza sociale e pedagogica, il futuro che vorrei per il servizio civile è quello di un drastico cambio di rotta: l'introduzione dell'obbligatorietà a svolgere servizio civile. W il SCN!