Intervista a Nichi Vendola: All'Italia manca il coraggio per diventare a misura di giovane

di Francesco Gentile

Servizio Civile, Giovani, Italia: a 3 giorni dalle Primarie del Centro Sinistra ServizioCivileMagazine intervista Nichi Vendola, Presidente della Regione Puglia e leader di Sinistra e Libertà. (Francesco Enrico Gentile)

 

nichi_vendola I temi su cui sono chiamati a confrontarsi gli uomini politici, in genere, sono sempre tanti e vari.

 

Raramente il futuro, le giovani generazioni, le loro condizioni riescono ad imporsi nell'agenda politica come invece sta accandendo in questi mesi nel dibattito politico, sia a destra che a sinistra.

Con Nichi Vendola ServizioCivileMagazine conversa di giovani, futuro e di Servizio Civile Nazionale, grande opportunità per i giovani italiani ma, al tempo stesso, cartina tornasole dell'incapacità della politica di guardare a orizzonti lunghi.

Secondo Lei, che ruolo deve e può svolgere il Servizio Civile Nazionale nel percorso di formazione culturale, civica, sociale delle giovani generazioni?
Il Servizio Civile Nazionale dovrebbe fornire strumenti utili alla formazione delle giovani generazioni in un momento in cui la sfiducia e la distanza dalla istituzioni e da un'idea di cittadinanza attiva sembra emergenziale. Già l'idea stessa del SCN, da come nasce, dall'obiezione di coscienza e dunque dall'idea che il proprio paese lo si può servire soprattutto senza armi, l'idea che ci sia ancora un terreno su cui far crescere giovani cittadini e cittadine consapevoli basterebbe a inquadrarne l'importanza. Poi in una situazione di deregolamentazione del mercato del lavoro e degli stage come quella attuale, per molti giovani il servizio civile nazionale rappresenta un anno intenso di formazione/lavoro in progetti, enti e istituti fondamentali per la crescita e lo sviluppo socio-culturale di questo paese. In un momento in cui di solidarietà non si parla quasi più, ricostruire dalle basi il senso del vivere associato può rappresentare un ottimo antidoto alla svalorizzazione del pubblico e del senso stesso della comunità in cui viviamo.

Il Fondo Nazionale per il servizio civile è finanziato con fondi dello Stato che vengono definiti annualmente dal Parlamento e, come noto, negli ultimi anni hanno subito notevoli tagli fino a portarlo al rischio chiusura. Gli enti ed i volontari sostengono la necessita di definire un contingente annuo di 40.000 giovani da avviare in servizio, come avviene per lo strumento militare, insieme al quale il Servizio Civile Nazionale concorre nel difendere la Patria, sulla base del quale stanziare le risorse necessarie. Si parla di un costo annuo per lo Stato di circa 250 milioni di euro. Cosa pensa di questa proposta e come valuta questa spesa in rapporto ai benefici sociali e culturali che il servizio civile produce per il Paese e per i cittadini?
In un momento storico di profonda crisi economico-politica, tagliare indiscriminatamente i fondi ad uno dei pochi strumenti di coesione e salvaguardia del tessuto sociale, potrebbe rivelarsi una scelta poco lungimirante poiché priva i giovani delle adeguate opportunità  per sperimentare direttamente forme di cittadinanza attiva e promozione della pace, relegandoli ai margini della crescita socio-culturale del Paese. I fondi spesi per permettere a un ragazzo o una ragazza di affrontare una esperienza del genere hanno un costo nettamente inferiore ai benefici che porta nella crescita formativa, culturale, sociale di un cittadino. Non è semplicemente una mia opinione, in questi anni Università e Istituti di ricerca  hanno messo in risalto l'alto valore sociale, educativo e culturale del servizio civile nazionale per i giovani che lo svolgono, per i territori nei quali si svolge e per la società civile, riconoscendogli il merito di essere strumento di coesione sociale e diffusione di una cultura di cittadinanza attiva, nonviolenza e solidarietà.
Dopo i tagli e i ritagli perpetrati annualmente a danno del Servizio Civile (dai 299 milioni stanziati per il 2008 si passa ai 75 milioni per il 2012) erano state avanzate numerose richieste al Governo per tornare a livelli minimi di funzionamento. Richieste totalmente ignorate, visto che, nella Legge di stabilità 2013, invece di aumentare la dotazione finanziaria del Fondo la si diminuisce. Si passa dai 75,6 milioni ai 71,2 per il 2013, dagli 82,5 ai 76,2 per il 2014 e per il 2015 si passa da 81,3 a poco meno di 77 milioni. Non si capisce che si infligge un colpo mortale a un importante istituto che permette ai giovani di servire il proprio Paese in maniera non violenta e non armata. Un taglio in pochi anni di oltre il 60% che penalizza l’Italia intera, poiché gradualmente priva la comunità dell’apporto di migliaia di ragazzi e ragazze che mettono le proprie energie i propri talenti al servizio della Paese. Penso che si debba avviare un dialogo virtuoso con le associazioni, gli enti impegnati, la Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile non tanto per una contrattazione al ribasso, ma per finanziare uno strumento utile a tutta la comunità e alla formazione dei nostri ragazzi e ragazze. Anche con una quota del bilancio dello Stato se necessaria.

Si discute , oramai da tempo, di introdurre un servizio civile obbligatorio. Alcuni lo ritengono fondamentale per la crescita e l’educazione civica delle nuove generazioni richiamando il dovere di solidarietà sociale sancito dall’art.2 della Costituzione. Secondo altri, invece, un'idea di Servizio Civile obbligatorio sarebbe contraria all'art. 4 della Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo, laddove si sancisce il divieto di “lavori forzati”.  Lei che ne pensa?
Penso che la solidarietà è un valore che si comprende e si sviluppa ma non si ottiene con l'obbligo di praticarla. Ho sempre avuto paura delle cose che vengono imposte dall'alto, se non c'è una consapevolezza fatta di solidarietà ricevuta prima che pretesa. Considero prioritario diffondere l'idea del valore del servizio civile all'imporlo dall'oggi al domani. Ma vorrei decidere non da solo, magari stimolando una consultazione popolare sul tema, mi sembrerebbe giusto interrogare innanzitutto le giovani generazioni per prendere un tale provvedimento.

Cosa manca all'Italia per diventare a misura di giovane, sia esso studente, lavoratore, imprenditore? Quali sono le Sue proposte in merito?
All'Italia manca il coraggio per diventare a misura di giovane. Ricostruendo e finanziando la scuola pubblica, dove un bimbo o una bimba si formano e trovano il loro posto nel mondo, fino all’opportunità per chiunque di formarsi e studiare. L’Italia è l’unico paese Ocse in cui esiste la figura di “studente idoneo ma non beneficiario”, cioè ragazze e ragazzi che hanno diritto alla borsa di studio, per reddito e per merito, ma che non gli viene erogata. Uno scandalo tutto italiano. Non usciremo mai dalla crisi se non torniamo a investire sulle giovani generazioni, dentro e fuori i luoghi di formazione. Per questo, dobbiamo rispondere alla precarietà esistenziale che attanaglia le vite delle giovani generazioni riaprendo spazi di democrazia e partecipazione, istituendo uno strumento presente in tutta Europa come il reddito minimo garantito che li sottragga alla ricattabilità e consenta a tutte e tutti di formarsi e di aspirare a trovare il proprio posto nel mondo. Va snellita la giungla delle tipologie contrattuali che portano allo sfruttamento ed estesi diritti e tutele a una platea che non ne hai mai potuto usufruirne. Inoltre, dobbiamo dare credito, sia esso materiale o immateriale, a coloro che vogliono investire su loro stessi, sulle proprie capacità e competenze. L’Italia è agli ultimi posti per accesso al credito: partite iva, giovani imprenditori, ragazzi e ragazze che hanno progetti innovativi non riescono a metterli al servizio della comunità perché nessuno investe su di loro. Rischiamo di avere una generazione con potenzialità che troppo spesso rimangono inespresse. L’Italia è l’unico paese in cui l’asticella per definirsi giovani è fissata a 35 anni, al contrario del resto d’Europa dove è naturalmente 24. Farò come ho fatto in Puglia innanzitutto, dove ho ribaltato un modo di rapportarsi alla cittadinanza. Non ho pensato a cosa potessero fare le giovani generazioni per la mia regione, l’ho chiesto direttamente a loro: finanziando progetti per riqualificare zone dismesse, laboratori urbani, progetti che hanno dato modo a loro e alla nostra Regione di crescere insieme avvalendosi delle competenze e del talento di chi viene considerato da anni come vuoti a perdere condannati alla precarietà, o alla disoccupazione, a vita.

Il Governo Monti, dopo aver dato segnali di apertura alle esigenze dei giovani convocandoli per la prima volta come parte sociale, ha cancellato il Ministero della Gioventù. Se diventasse premier che ruolo darebbe alle politiche giovanili nel Suo governo?
Il mio governo non si limiterà a prestare orecchio saltuariamente a qualche rappresentanza giovanile per salvare l’immagine. E tanto meno deciderò di ghettizzare le politiche giovanili in un Ministero specifico. La questione generazionale è uno dei problemi più grandi del Paese e non può essere affrontato, come troppo spesso fatto in passato, con dichiarazioni propagandistiche o qualche progetto fine a se stesso. Il punto è cambiare radicalmente il punto di vista con cui si opera in ogni settore dell’esecutivo. Per essere chiari, il Ministero dell'istruzione è o no una parte importante delle politiche giovanili? E quello dello sviluppo? E le pari opportunità, il lavoro o il welfare? Vorrei che quei Ministeri fossero inondati di nuove compenteze, di giovani che possano portare talento e valore aggiunto. Il compito del mio governo sarà assumere un paradigma generazionale, cioè lo sguardo sul mondo dei giovani. Scopriremmo così un Paese che rifiutiamo di vedere, fatto di precarietà e inquietudini. Io voglio assumerlo e attraversarlo, garantendo che ogni Ministero del mio governo parta da questo punto di vista per regalare finalmente un orizzonte di futuro a quegli sguardi.

(foto: www.nichivendola.it)