Servizio civile, Cnesc: "Impegnare i giovani in nuove attività"

di Redazione

La Conferenza nazionale degli enti stila un documento sul contributo del servizio civile nell'emergenza: avviata una rilevazione sulle attività possibili nelle prossime settimane. "Non saranno rose e fiori. Attività centrate sul rapporto personale con i beneficiari"

cnesc servizio civile coronavirus “Il servizio civile universale sta realizzando la sua finalità di ‘difesa civile e di risorsa per il Paese’, e, tanto più in questa emergenza legata al Coronavirus, occorre far ripartire i progetti sospesi ed impegnare al meglio i giovani volontari anche in nuove attività”. È quanto si legge nel Documento “Il contributo del Servizio Civile Universale durante e dopo l’emergenza COVID 19”, elaborato il 2 marzo dal Consiglio di Presidenza della Cnesc (Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile), la principale associazione di enti di servizio civile in Italia.

“Da martedì 24 marzo scorso – ci dice il Presidente della Cnesc, Licio Palazzini – abbiamo avviato tra i nostri soci una rilevazione sulle possibili attività di servizio civile che si potrebbero andare a svolgere, pur nell’emergenza in corso, a partire dalle prossime settimane, tenendo conto sia delle opportune precauzioni che delle specificità territoriali. Ovviamente ci auguriamo quanto prima di tornare alle attività ordinarie dei progetti, là dove sarà possibile, ma ad oggi sappiamo che queste potranno essere solo una piccola parte. Stiamo poi valutando per una parte sempre minoritaria, ma più ampia di progetti, una loro rimodulazione in remoto, per arrivare infine alla maggior parte di essi che potrebbero proseguire dopo il 15 di aprile rimodulando le attività originariamente previste”.

“Non saranno rose e fiori – spiega però il Documento Cnec -. Il Servizio Civile, per sua identità costitutiva, è basato su attività centrate sul rapporto personale con i beneficiari. Così come gli operatori volontari hanno scelto un progetto e le attività ivi descritte e avevano appena iniziato a ricevere la formazione e l’accompagnamento conseguente. Alcune organizzazioni non hanno neanche avviato l’impiego. Adesso si tratta di passare, per un periodo abbastanza lungo, ad attività in gran parte da remoto, anche nuove, per le quali servirà una minima formazione. Particolarmente difficile sarà la rimodulazione per chi svolgeva progetti all’estero. Quindi vanno previste norme paracadute per le organizzazioni e gli operatori volontari ove non fosse possibile ripartire”.

Per Palazzini la ripresa dei progetti, opportunamente rimodulati, potrebbe avere un duplice valore: da un lato potrebbe coinvolgere nuovi soggetti accreditati nel sistema del SCU che ad oggi non gestiscono i volontari, portando così anche al loro contributo nell’emergenza, dall’altro quello di supportare i Comuni in questo momento così particolare e di crisi. “Con l’opportuna formazione i giovani in servizio civile potrebbero andare a svolgere una serie di attività, che permetterebbe di lasciare così libero il personale pubblico di impegnarsi su altre priorità. Sarebbe un segno concreto di quanto il servizio civile possa essere veramente un istituto di ‘difesa civile’, ma per far questo servono le opportune legittimazioni politiche”, aggiunge.

“Abbiamo avviato per questo - spiega ancora - un’interlocuzione con il Dipartimento per le Politiche giovani e il Servizio Civile Universale, che ringraziamo per la pronta risposta positiva, e ci stiamo preparando a questo scenario, che richiede comunque un tempo minimo per avere basi solide, nonché le necessarie coperture Istituzionali, anche nella prospettiva di coinvolgere più soggetti possibili nei nuovi interventi. Questo è il contributo che in questi mesi la Cnesc, assieme al Forum del Terzo Settore, intende dare al Paese”.

Il Documento della Cnesc invita anche al riflettere e a “pianificare la ripresa del Paese non appena le condizioni sanitarie lo permetteranno”. “Da questa emergenza – si legge - occorre uscire con un Servizio Civile Universale stabilizzato e rinnovato. È il tempo di dare seguito a quanto il Ministro Spadafora disse alla Consulta Nazionale del 3 dicembre 2019: ‘serve un meccanismo di stabilizzazione finanziaria pluriennale’ che permetta a decine di migliaia di giovani di partecipare ogni anno al SCU. Il primo passo sono risorse per avviare la Programmazione triennale con un contingente di almeno 80.000 persone nel 2021. Questo avrebbe ricadute sui giovani, le famiglie, il Terzo Settore, gli Enti Locali e permetterebbe una riduzione dei tempi nella valutazione limitandosi ai programmi non ammissibili. È essenziale che dai primi mesi del 2021 siano in servizio questi 80.000 giovani. Questo darebbe senso concreto al lavoro delle organizzazioni per il deposito dei programmi entro il prossimo 29 maggio 2020”. “Abbiamo apprezzato questa scelta – conclude la Cnes -. Ma serve anche un lavoro di ripensamento organizzativo e gestionale per accorciare i tempi fra deposito del programma e suo avvio, per spostare l’attenzione sui risultati ottenuti invece che su una burocrazia sempre più pesante. Un lavoro che riguarderà anche aspetti normativi della riforma del 2016, che in questi due anni hanno evidenziato forti limiti. Ad esempio, eravamo partiti con un programma triennale e ci ritroviamo invece ogni anno a dover presentare e valutare programmi e progetti! Peggio di prima”.

(Fonte: Francesco Spagnolo , Redattore Sociale – Fonte foto: Difesa del Popolo)