Napoli. "Il parroco anticamorra" lascia Scampia. La popolazione si ribella

di Anna Laudati

Don Aniello è un sacerdote che ha lottato per 16 anni e che ha dato segnali di speranza ad uno dei quartieri del napoletano più colpiti dalla piaga camorristica. 16 anni per diventare uno “scomodo”. (Katia Tulipano)

manganiello

Domenica scorsa don Aniello Manganiello - ribattezzato “il parroco anticamorra” per il suo impegno civile e sociale - ha celebrato la sua ultima Messa nella Chiesa di Santa Maria della Provvidenza, nel rione don Guanella di Scampia-Miano, trasferito a Roma per volere delle autorità ecclesistiche. Una Messa durata tanto in cui la commozione l’ha fatta da padrona!

Molte le interruzioni per applausi e grida dei fedeli. Sono accorsi più dille mille persone per salutarlo. A loro don Manganiello ha consegnato una lettera, in cui ricorda il suo percorso spirituale, e soprattutto il suo operato sul territorio, fatto di denunce contro la camorra in una zona ad alta densità malavitosa, ma anche un duro j’accuse nei confronti della Chiesa e delle istituzioni.

“La Chiesa dovrebbe essere più incisiva nella lotta alla criminalità specie nell' amministrazione dei sacramenti”, e aggiunge “Io ho rifiutato il matrimonio ai camorristi e il battesimo ai loro figli quando non accettavano un percorso di conversione mentre tanti parroci, per non avere noie, i sacramenti continuano a darli anche a questa gente. Per questo sono un prete scomodo, ma rifarei tutto”. Quindi ha ricordato la figura del martire cileno Oscar Romero: “Anch’io come lui sono stato minacciato ed emarginato per essermi schierato dalla parte dei più poveri”.

“Quando arrivai fui colpito da un ragazzo diciottenne, ex pusher dei Di Lauro, che aveva iniziato il cammino in carcere. Lo presi come figlio. Oggi è sposato, ha due bambini, ha scritto un bellissimo libro, "Ali bruciate" e in giro per l’Italia parla di legalità, testimoniando che è possibile liberarsi della camorra”. La sua conversione, come quella di camorristi saranno i “Tizzoni di fuoco che porterò con me per riscaldarmi quando sentirò freddo”.

In merito al trasferimento l’Opera Don Guanella parla di “naturale avvicendamento”. Con parole dure Don Aniello ribatte: “Mi sento violentato psicologicamente per un trasferimento che mi impedisce di proseguire un percorso. Obbedisco con la ragione, ma non con il cuore”.

Fuori dalla “sua” Chiesa i fedeli hanno esposto cartelli con su scritto "Signore perdona la Chiesa per quello che ha fatto", o ancora "No ai preti pedofili, sì ai preti anticamorra", e "Don Aniello santo subito”.

I simboli diventano pericolosi, meglio liberarsene? Chi sacrifica la vita per i più deboli finisce per diventare un cattivo esempio in questa società? Possibile che non ci sia un interesse reale a costruire il cambiamento? Le lacrime dei giovani sottratti alla camorra da Don Aniello rappresentano un esempio, di chi vuole e sa ancora lottare per un domani migliore.

(foto: adestdellequatore.com)