Le cooperative sociali sul lastrico per “colpa” degli enti pubblici. Ma il Welfare non ci sta

di Anna Laudati

Si possono svolgere attività di utilità sociale e fallire a causa di mancati o ritardati pagamenti da parte degli enti pubblici? Sì. Dal 24 al 26 febbraio il Comitato il Welfare non è un lusso, ha organizzato a Napoli un incontro nazionale su questo tema: “I diritti alla prova della crisi. Riscattare il futuro e la felicità”. Parallelamente Legacoopsociali organizza un seminario sulla Cooperazione sociale e salute mentale e CISMAI, Save the children, Terre des hommes, Unicef terranno alcunii workshop su “Chi si pre – occupa ancora dei bambini in Campania?". (Sara Pulvirenti)

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I numeri fotografano la realtà in maniera inequivocabile: 100 milioni di euro è il debito del solo Comune di Napoli nei confronti delle cooperative sociali del territorio partenopeo e 92% è l’entità dei tagli alla spesa sociale da parte della Regione Campania in programma per i prossimi anni (un’altro colpo pesante al welfare, considerato il già avviato taglio di servizi, la sospensione di misure assistenziali come il reddito di cittadinanza ed altre scelte in questa direzione).

Per capire fino in fondo il peso di questi dati, va considerato che in tutta Italia buona parte dei servizi di assistenza (il cosiddetto welfare) vengono svolti quasi esclusivamente da cooperative sociali: assistenza agli anziani, a minori in stato di bisogno, a diversamente abili fisici e mentali. Ma cosa sono le cooperative sociali? Semplicisticamente si potrebbe dire che sono una particolare forma imprenditoriale che coniuga le logiche del mercato con quelle, appunto, dell’utilità sociale. Ma è una legge nazionale, la 381/91, che ci aiuta a definirne i tratti caratteristici: “le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi e lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.”

Quindi un soggetto giuridico che per legge deve, da un lato, seguire le logiche del mercato ma, dall’altro, fornire servizi per quella fascia di popolazione altrimenti esclusa sia dal mondo del lavoro che dalla vita sociale. Allo stato attuale però per venire incontro a queste esigenze le imprese cooperative stanno scontando le fatture in banca, chiedendo prestiti e sono state costrette a sospendere i pagamenti: gli operatori sono senza stipendi da mesi, addirittura da due anni in alcuni casi. E se si guarda alle paghe orarie riportate sul contratto collettivo nazionale di settore si capisce anche quanto siano bassi: può una persona prestare servizio per 32 ore a settimana, svolgendo un lavoro logorante sia da un punto di vista fisico che psicologico, e vedere in busta paga solo 800 euro o poco più? Sono queste le dinamiche che spingono molte cooperative al fallimento ed alla chiusura.

Una dura denuncia è arrivata persino dalla conferenza episcopale campana: «Si registrano gravi ritardi (più di due anni) dei pagamenti per alcuni servizi fondamentali: case-famiglia, centri diurni e semiconvitti, assistenza domiciliare e scolastica. Tutto ciò ha portato l'intero settore socio-assistenziale ad una crisi di dimensioni spaventose. Molti servizi sono chiusi o stanno chiudendo e le persone più deboli ritornano nelle strade; molte comunità per minori chiudono; gli operatori sociali impegnati in tali servizi non percepiscono da mesi uno stipendio; sono già circa duemila gli operatori sociali senza lavoro per questo motivo».

Arrivato ormai allo stremo, il mondo delle cooperative, di solito silenzioso ed invisibile ai più, è sceso in piazza e lo ha fatto in maniera coordinata in due delle regioni dove il debito della sanità tocca cifre inimmaginabili: la Campania e il Lazio. A Napoli è stato occupato il Maschio Angioino, a Roma invece si è manifestato sotto il Campidoglio.

Per parlare di questi aspetti, dal 24 al 26 febbraio presso il Centro Congressi Tipemo di Napoli (Centro direzionale Isola E5) il Comitato il Welfare non è un lusso, ha organizzato un incontro nazionale intitolato “I diritti alla prova della crisi. Riscattare il futuro e la felicità”

Giovedì 24 febbraio alle 15 il convegno sarà aperto dal portavoce del comitato Il welfare non è un lusso, Sergio D’Angelo. Tra gli altri interverranno lo scrittore e docente di Scienza della politica all’Università del Piemonte, Marco Revelli e Aldo Morrone, direttore dell’ospedale San Gallicano di Roma.

Venerdì 25 febbraio (dalle ore 10.00 e fino alle 16.30) si terranno tre workshop tematici paralleli (Solo le città più giuste sono più’ sicure. Vite, relazioni e persone; L’economia che vogliamo. Uscire dalla crisi meno precari e più felici; Vite fragili. Prendersi cura e fare comunità) ai quali parteciperanno, tra gli altri, Ugo Biggeri, presidente di Banca Popolare Etica e Alex Zanotelli, missionario comboniano.

I lavori si chiuderanno sabato 26 febbraio (ore 10.00 – 13.00) con la sessione plenaria e una tavola rotonda con interventi, tra gli altri, di Franco Rotelli presidente della rete Copersam; Carlo Borgomeo presidente della Fondazione Sud; Antonio Perna docente di Sociologia Economica dell’Università degli studi di Messina. Coordinerà i lavori Angelo Mastrandrea vice-direttore de Il Manifesto.

Parallelamente a queste iniziativa, giovedì 24 febbraio alle ore 10.00 presso la Scuola di Formazione dei Lavori Sociali di Gesco (Complesso Inail Torre 1) Legacoopsociali organizza un seminario su “Cooperazione sociale e salute mentale: subalternità assistenzialistica o politiche di inclusione sociale?” e venerdì 25 febbraio dopo i workshop (ore 17.00 - 19.00) al Centro congressi Tiempo ci sarà un incontro su “Chi si pre – occupa ancora dei bambini in Campania?” promosso da CISMAI, Save the children, Terre des hommes, Unicef.

(foto ilmattino.it)