Pensare agli anziani come una risorsa e non come un peso

di Andrea Pignataro

Il 2012 è l’anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà intergenerazionale. (Andrea Pignataro)

European_year_ageing Perché l’Europa dedica un anno al tema dell’invecchiamento e dei rapporti tra generazioni?A ben vedere, perché il tema in questione è uno dei maggiori di questo nuovo secolo,  per il grande portato di trasformazioni organizzative profonde che causa alla nostra società e per il modo strutturale in cui incide e inciderà sempre più nei percorsi di vita di ognuno di noi. A partire dall’Italia.

Parafrasando il titolo dell’ottimo romanzo di Cormac McCarthy, infatti, il nostro è decisamente un Paese di vecchi.

Com’è noto infatti, dal punto di vista demografico siamo il secondo Paese più anziano al mondo, dopo il Giappone.  E non è tutto:  in Italia la popolazione sta invecchiando molto rapidamente e le proiezioni demografiche mostrano che questa tendenza continuerà. L'invecchiamento è accelerato dai tassi di fecondità relativamente bassi (attorno a 1,4 figli per donna rispetto alla media OCSE di 1,7 figli per donna) e un’elevata speranza di vita sia alla nascita che in età avanzata. Grazie al miglioramento delle condizioni di vita, alla protezione sociale e al progresso della medicina, gli uomini vivono già in media fino a circa 78 anni e le donne fino a 85. Nel 2060 la media rispettiva dovrebbe essere di 86 e di 91.

La domanda, soprattutto in questi tempi magri, sorge spontanea: chi pagherà le pensioni, le spese sanitarie e la gestione dell’autonomia di questo esercito di arzilli nonni?

Il rischio concreto è che questo problema metta alla prova il nostro già stiracchiato patto sociale, basato sulla solidarietà tra persone: tra gli attivi, che sicuramente pagano adesso e forse riceveranno poi, e gli inattivi, che hanno già pagato, anche se meno, e adesso si aspettano giustamente di ricevere. Semplificando: tra giovani e vecchi. Ecco perché l’Europa richiama alla solidarietà tra le generazioni. Perché tra egoismi generazionali e diritti che cambiano, garantire la sostenibilità del sistema sociale, senza compromettere la competitività e il futuro delle giovani generazioni è una delle preoccupazioni fondamentali per tutti i paesi sviluppati, specialmente quelli europei. E ciò non può essere fatto senza un patto tra le generazioni, che trasformi in risorse a disposizione della società la cultura, la saggezza, la disponibilità di tempo e le tante abilità e conoscenze degli anziani. Perché invecchiamento non è assolutamente sinonimo di malattia o dipendenza, e ora come ora questo vale anche per le età molto avanzate.

Invecchiamento attivo significa non solo buona salute, ma anche lotta contro l’isolamento sociale, in particolare rafforzando la partecipazione degli anziani alla vita comunitaria, sociale, culturale, sportiva e culturale. E valorizzazione del loro ruolo attraverso il volontariato, il mentoring, la creazione di associazioni.

Perché gli anziani siano sempre più una risorsa, un gruppo che costruisce capitale sociale, partecipando direttamente alle dinamiche delle comunità e dei territori, è il momento di cambiare il modo in cui collettivamente guardiamo alla materia dell’invecchiamento e di riconoscere che gli anziani sono in primo luogo un punto di forza e una possibilità per il nostro paese e per l'Europa. Responsabilità dei governi, ma anche di tutti gli attori della società civile, è quella di adoperarsi per ridurre al massimo il conflitto intergenerazionale.

E' il forte messaggio dell'Anno europeo. Insieme, giovani e anziani, bisogna cogliere l'occasione per agire e sviluppare iniziative innovative volte a promuovere,  grazie all’invecchiamento attivo e alla solidarietà tra generazioni, un nuovo modello di integrazione sociale.