Donne, addio forzato al lavoro dopo la maternità. La storia di Giorgia

di Ornella Esposito

Continua lo speciale di ServizioCivileMagazine sulle donne. Questa volta parliamo del lavoro raccontando la storia di Giorgia, una delle tante donne che stenta a conciliare la famiglia con l’attività lavorativa, e che al rientro dalla maternità è stata licenziata. (Ornella Esposito)

donne_lavoro Donne e lavoro. Un sodalizio difficile, se non addirittura impossibile, soprattutto in alcune regioni del Belpaese, quelle in cui è diffusa la prassi del lavoro in nero ed i servizi per la prima infanzia scarseggiano.

La situazione è stata ben fotografata dall’Istat, nel Rapporto Annuale 2010: “ il tasso di occupazione delle donne italiane, già inferiore alla media europea tra quelle senza figli, è ancora più contenuto per le madri”.

Il 15% delle donne italiane, infatti, abbandona il lavoro successivamente alla nascita di un figlio, e in oltre la metà dei casi l’abbandono “non è il risultato di una libera scelta: sono circa 800 mila le donne che, nel corso della loro vita, sono state licenziate o messe in condizione di lasciare il lavoro perché in gravidanza, e solamente quattro su dieci hanno poi ripreso il percorso lavorativo. A sperimentare le interruzioni forzate del rapporto di lavoro sono soprattutto le giovani generazioni e le donne residenti nel Mezzogiorno, per le quali più frequentemente le interruzioni si trasformano in uscite prolungate dal mercato del lavoro”.

ServizioCivileMagazine ha raccolto la storia di Giorgia, napoletana, madre di due figli, assunta parzialmente in nero e licenziata al rientro dalla maternità. La sua è una storia simile a quella di moltissime altre donne che arrancano nel mantenersi il lavoro, e nel farlo conciliare con i carichi familiari.

Giorgia, quanti anni hai e che titolo di studio possiedi?
Ho 39 anni e sono diplomata.

A che età hai iniziato a lavorare e che lavori hai svolto?
Ho iniziato a lavorare a 21 anni in una società di pallavolo. All’età di 30 anni mi sono sposata ed ho dovuto interrompere il lavoro.

Perché?
Perché il lavoro mi portava via troppo tempo, e perché non ci sono nidi pubblici ed i costi di quelli privati sono alti. Non riuscivamo a sostenere le spese dell’affitto di casa più quelle del nido. Anche oggi, se non avessi i miei genitori, sono saprei come fare.

Come sei riuscita a ricollocarti sul mercato del lavoro dopo la prima maternità?
Il nuovo lavoro l’ho trovato nel 2007 attraverso una conoscenza di mio marito, ed era presso un’azienda con meno di 15 dipendenti che si occupa di allestimenti fieristici. La segretaria era in maternità a rischio, e l’azienda si trovava in fase di transizione con il titolare che gestiva tutto personalmente, quindi, necessitava di una segretaria. Portai il curriculum e mi presero.
Chiesi un piccola flessibilità dell’orario di lavoro, ed il titolare non mi fece problemi. Inizialmente il mio stipendio era di 700 euro mensili, senza contratto. Dopo pochi mesi, mi contrattualizzarono, ma di fatto prendevo sempre la stessa cifra.
Dopo un anno mi diedero lo stipendio regolare.
Inizialmente svolsi il lavoro di segretaria, ma poi, rendendomi conto di molte altre necessità, iniziai ad occuparmi di tutto: mantenevo i rapporti con i clienti, sbrigavo pratiche amministrative; in breve tempo imparai ad usare un programma per la progettazione degli stand fieristici, e inizia a progettare da sola stand anche per clienti importanti, tra cui la suzuki.
Io ero molto contenta del mio lavoro e l’azienda lo era di me. Lavoravo anche oltre il dovuto, e con una dedizione come se l’azienda fosse stata mia.
Dopo un po’ la segretaria storica rientrò dalla maternità. Il lavoro era molto, una parte di esso passò alla collega ed io iniziai ad andare nelle fiere ed ottenevo buoni risultati. Il mio stipendio fu equiparato al suo, più alto.
Tra il 2009-2010 restai incinta e nel Giugno dello stesso anno, al settimo mese di gravidanza, ebbi un litigio con l’azienda per il mancato aumento di stipendio richiesto, a fronte della qualità e quantità del lavoro che svolgevo.
Di lì a poco sarei dovuta andare in maternità ordinaria, la anticipai di poco con la maternità a rischio, ma fui sempre disponibile lavorando da casa. Nel frattempo presero in nero un’altra segretaria.
L’azienda iniziò ad andare in difficoltà ed il titolare decise di chiudere. Il personale venne assorbito da un’azienda satellite, tutti tranne me. Al rientro dalla maternità, mi venne chiesto di firmare una lettera di licenziamento.
Sono stata licenziata con la promessa di un’assunzione da parte della nuova società, ma ciò non è mai avvenuto.

Quali sono state le conseguenze psicologiche del tuo licenziamento?
Sono ingrassata circa 15 chili, e le conseguenze psicologiche le sto ancora pagando e sono ancora visibili [mentre mi parla il tono della voce si fa sottile ed il viso assume un’espressione sofferente, ndr]. Sento ancora una rabbia forte dentro di me, perché ho lavorato tanto e con uno zelo come se fosse l’azienda fosse stata una cosa mia. Sento di essere stata tradita mentre io, invece, sono sempre stata leale.
Ancora oggi penso che quello era il mio lavoro ideale, quello in cui ho trovato piena realizzazione.