Gioni e il Palazzo Enciclopedico: ultima sosta alla 55° Biennale d’Arte di Venezia

di Ivana Vacca

Il countdown segna -10 giorni al termine della Mostra Internazionale. Un itinerario per immagini che volge al compimento e intanto si ripropone più social che mai con #lamiabiennalearte. (Ivana Vacca - @IvyLiut)

biennale_2013 Era il 1895 quando la prima esposizione internazionale di arti figurative ed applicate affollava di opere l’allora Palazzo Pro Arte di Venezia. A partire da quel momento i giardini napoleonici nel sestiere di Castello trovarono nuova destinazione d’uso identificandosi nella nuova denominazione di “Giardini della Biennale”.

Oggi il termine “biennale” è divenuto sinonimo per antonomasia della kermesse veneziana, che si appresta a chiudere il 24 novembre la sua 55° edizione. In tutto 158 artisti, quasi il doppio delle due precedenti. A dirigere i lavori Massimiliano Gioni, 39 anni, il più giovane direttore artistico nella storia della Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea. Due leoni d’oro alla carriera, interamente al femminile, assegnati da Paolo Baratta su proposta di Gioni, all’austriaca Maria Lassnig e a Marisa Merz, unica donna in quella che fu la compagine torinese dell’arte povera e già premio speciale della giuria nel 2001. Leone d’oro come miglior artista: Tino Sehgal con “Untitled”, performance premiata “per la portata innovativa che ambisce a superare i confini delle discipline artistiche”.

biennale_2013_2Pareri discordanti e isterici, come di consueto. Chi getta tout court discredito sull’arte contemporanea e chi trova la biennale mai noiosa, talvolta banale, ricca di forzature intellettualoidi, ma pur sempre pedagogica, ricca di stimoli, densa di immagini, nient’altro che il riflesso della società attuale.

Si espongono opere di artisti viventi e non, professionisti e dilettanti, pensatori e scienziati. Come il “Libro Rosso”, manoscritto illustrato di Carl Gustav Jung, posto nella sala principale dei Giardini, in una teca di vetro che gli riserva riverenza sotto una intima luce soffusa. Jung ci lavorò per circa sedici anni, decorandolo alla maniera dei codici miniati medievali. Come il curatore Gioni ha dichiarato, "confondendo il confine tra artisti professionisti e dilettanti, estranei e addetti ai lavori, la mostra ha un approccio antropologico allo studio delle immagini". La raccolta di Jung apre l’esposizione e “introduce ad una riflessione sulle immagini interiori, sullo spazio del sogno, della fantasia, dell’immaginario”. Una vera e propria chiave d’accesso per comprendere il concept della mostra, come del resto “Il Palazzo Enciclopedico”, che svetta all’entrata dei cantieri navali medievali dell’Arsenale. Modellino architettonico di un grattacielo di 136 piani, opera utopica e simbolo futurista appartenente all’American Folk Art Museum di Manhattan. Marino Auriti lo progettò per conservare al suo interno tutta la conoscenza del mondo, l'arte e le invenzioni dell’uomo.

L’approccio per immagini coinvolge lo spettatore in prima persona e si arricchisce delle nuove possibilità offerte dai social media a pochi giorni dalla chiusura attraverso la campagna #lamiabiennalearte. Fino al 24 novembre, infatti, tutti gli utenti potranno pubblicare le proprie foto fatte durante i sei mesi di mostra ritraenti la propria opera preferita usando l'hashtag #lamiabiennalearte e il tag @ La Biennale di Venezia. Ogni giorno verrà scelta un’immagine e pubblicata sulla pagina Facebook ufficiale della Biennale.

Visita la gallery (foto: Ivana Vacca)


Articoli correlati: Biennale Sessions, il progetto per le Università