La lezione del Festival del Giornalismo Giovane

di Francesco Cannone

Si è concluso, a Napoli, il Festival del Giornalismo Giovane, la prima piattaforma italiana interamente dedicata agli under 35 che lavorano o aspirano a lavorare nel giornalismo, una tre giorni di dibattiti, workshop e seminari, che ha restituito ai partecipanti ricchezza di idee e visioni. (Francesco Cannone)

youth_media_days 21/09/2012, Palazzo delle Arti di Napoli, ore 18, sala conferenze. Inizia ufficialmente ilFestival del Giornalismo Giovane, aperto dai saluti istituzionali di Antonella Di Nocera, assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, che sottolinea come il contributo dell'informazione indipendente giovanile sia di fondamentale aiuto per la città, soprattutto nel raccontare quello che non si racconta sui giornali: “una realtà che va rafforzata dal punto di vista dell'immaginario collettivo”.

Ore 19. Al via “Giornalismi di frontiera”, incontro con Pino Scaccia, inviato storico del Tg1 Rai. Il reporter racconta la sua esperienza e gli infiniti sacrifici fatti e da fare per chiunque s'affacci alla professione, parla del suo blog come “specchio dell'anima del cronista”, poi si  rivolge alla platea: “Il lavoro del giornalista vero, che è altro dagli impiegati della notizia, non finisce mai, non si stacca. S'impara in bottega, non nelle scuole. Per anni non si guadagna. Si rischia sempre qualcosa. Perché volete fare i giornalisti? Siete disposti a sopportare tutto questo?”. Il pubblico tentenna, ma una ragazza risponde: “Sì, il problema è che non ce n'è la possibilità”. Scaccia replica: è vero, è più dura che in passato, ci sono troppi giornalisti, mediamente quasi ogni giorno un professionista in più da assumere, spesso cioè un nuovo disoccupato che si somma ai vecchi, “ma la volontà può comunque fare la differenza. Non c'è medicina se non l'esser cocciuti. Del giornalismo cambiano modi e mezzi (il web deve diventare meno gioco e più strumento), ma resta la passione. Per fare il reporter serve il 10 % di tecnica, il 10 di talento e l'80 di fatica.”

22/09/2012ore 9.30. Ci si confronta sul “Giornalismo scolastico e universitario”, costituito non solo dai più classici giornalini cartacei o online. Gli studenti presenti sono spesso impegnati in progetti giornalistici di diverso tipo che fanno dei new media il loro punto di forza, offrendo informazione anche tramite validi servizi radiofonici e audiovideo. E' il caso, ad esempio, dei relatori (“F2Lab”, “Il Levante”, “Radiorentale”, “Zai.Net”, “Run Radio”) e dei ragazzi delle 2 web-tv (RoadTvFedericoTv) che hanno trasmesso il Festival in diretta streaming. Vissuto da chi lo fa come contributo civile e arricchimento personale e professionale, lo student journalism permette di acquisire reali capacità nel settore che, però, non vengono quasi mai riconosciute dal mercato. Quando lo sono, si lavora rigorosamente gratis.

Ore 11:30. La sala è stracolma come per nessun altro appuntamento, molti partecipanti restano in piedi. Inizia l'infuocata discussione sul “Giornalismo precario”. Arriva anche il sindaco partenopeo Luigi de Magistris. Attacca furioso Ciro Pellegrino, del coordinamento giornalisti precari della Campania, senza giri di parole: “La situazione è drammatica. Nella nostra regione ci sono il 66 % di precari e il 22 di disoccupati”, innumerevoli rinunce a fare il giornalista e casi umani disperati. “Ma il pianto collettivo va trasformato in una reazione che sia propositiva” per tutta la società: “Non è possibile raccontare la verità se i giornalisti sono sotto scacco, sotto ricatto. Ascoltiamoci, facciamo massa comune. Condividiamo pane di disperazione e di speranza. Consegniamo un mestiere più chiaro a chi verrà; i 90 € all'anno da versare all'albo per aver il titolo di giornalista pubblicista spendeteli per cose più utili, il tesserino in queste condizioni non serve. Noi non siamo una generazione perduta, siamo carne viva, ma dobbiamo iniziare a dire no a chi si serve di noi e ci umilia, al sistema che spreca le nostre professionalità. La dignità non vale i 3 € al pezzo che riceviamo! ”. Pioggia di applausi. “Ci sono degli strumenti, come la Carta di Firenze, per opporsi a questo schifo - continua, alzando ancora la tensione e la compartecipazione emotiva degli uditori, Valeria Calicchio, del coordinamento “Errori di Stampa” - Io ho cominciato a dire no, a oppormi, non ho rinunciato all'idea di fare il giornalista, ma a farlo in queste condizioni. Non fatevi prendere per i fondelli dai De Benedetti che dicono di non dovervi pagare perché vi danno la visibilità, è solo una scusa per continuare a sfruttarvi. Fin quando abbasserete la testa sarete pecore in mezzo a pecore. Non dobbiamo più essere macchine al saldo degli editori, dobbiamo unirci e preparare soluzioni al problema, si può fare, partecipate! Questo è nuovo schiavismo, sfruttamento della manodopera, “La Repubblica” paga i collaboratori 500 € al mese, “Il Tempo” non paga da mesi così come tante altre testate. Perché continuate a scrivere? Cominciate a piegare le braccia! L'unico modo è ribellarci tutti! Fin quando ce ne saranno 10 andranno avanti! Firmate per l'equo compenso! E' solo una toppa, ma una alla volta mettiamo tutte le toppe che servono! Ribellatevi! La dignità ce la possiamo permettere tutti!”. Tempesta di applausi. E la parola passa ad Ottavio Lucarelli, presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Campania, che inizia col richiamare all'attenzione anche i “tantissimi colleghi ad euro zero”, per poi criticare ancora De Benedetti (“Non mi serve la visibilità, non voglio essere famoso, voglio informare, questo è il mio mestiere”) e quei colleghi in pensione che, di fronte al blocco delle assunzioni, continuano a lavorare togliendo il pane ai giovani. Esortazione finale: “Bisogna combattere e lottare!”. Prende posizione anche de Magistris: “I giornalisti devono essere liberi e indipendenti, o è un danno per la società. Devono essere guardiani d'ogni tipo di potere, non megafono del potere. Va fatto il possibile per garantirne l'indipendenza”.

Ore 13“Studenti di Giornalismo”. Come accedere alla professione oggi? Se la bottega è chiusa e nelle redazioni non si entra più, l'unica possibilità pare iscriversi a una scuola di giornalismo, in Italia 11 e costosissime (tra i 10 e 20.000 € circa), che non garantiscono affatto l'accesso al mondo del lavoro e non offrono neanche dati circa lo stato occupazionale dei diplomati nelle scuole. Secondo Giulia Mameli, studentessa della scuola di giornalismo di Torino, danno una vastissima preparazione professionale, anche se non basta, perché i tempi stanno cambiando e sono i giovani a dover definire insieme la nuova figura di giornalista: “Il giornalismo è esperienza e condivisione”, dice. “Data la contingenza del mercato le scuole sono l'unico canale che può formare i giovani e permettergli un periodo di praticantato – ammette Enzo Iacopino, presidente dell'Ordine dei Giornalisti – ma sono una vergogna per quanto costano, devono diventare più democratiche e qualitativamente superiori. Non ne ero un gran sostenitore all'inizio (prima erano 21, 10 sono state chiuse per la mia volontà, alcune erano truffe o carrozzerie), ma sono l'unica via”. Polemico, invece, Mariano Berriola, direttore del Corriere dell'Università: “la migliore scuola è la lettura di un buon giornale”.

Ore 15, “Giornalismi Abroad”. Nuove opportunità vengono dalla realtà internazionale, la cui conoscenza è necessaria  per capire i fatti. E' facile aprire spazi nuovi per raccontare questa realtà. C'è un'Europa da scoprire, ad esempio. E' importante che le istituzioni europee si occupino anche della degenerazione degli spazi d'informazione, come nei casi di Ungheria (informazione controllata dal potere politico), Inghilterra (informazione controllata dal potere economico) e Italia (entrambi i problemi: equivalenza di potere politico ed economico). Ma, nel frattempo, già ci sono i primi reporter dell'Europa delle persone: è il caso dei giovani volontari di “cafebabel.com”, magazine europeo d'attualità in 6 lingue, nuovo nel suo genere. Miniera di occasioni è anche il mondo arabo. Necessario, in ogni caso, è conoscere benissimo le lingue.

Ore 18, “La filosofia può fare notizia?”. La risposta passa per un'altra domanda: qual è il ruolo della filosofia oggi? Il prof.Alberti, direttore della rivista scientifica online“Sintesi Dialettica”, afferma che l'intellettuale-filosofo ha il compito di sentire i problemi della società contemporanea come propri e misurarsi con essi, restando lontano dal potere, mentre “spesso alcuni filosofi si sono venduti al mercato scadendo nel populismo filosofico e nella retorica dell'ovvio”, sostiene il prof.Giannini. “La filosofia ha indubbiamente anche una funzione pedagogica-formativa, educa a un costante vaglio critico”, afferma il prof.Amodio, direttore di “S&F_scienzaefilosofia.it”. “L'istanza che viene dal problema, attraverso i media e la filosofia, può farsi pedagogia”, conclude Alberti.

Ore 21, Si discute di “Giornalismi coraggiosi” come, ad esempio, quello dei giovani che hanno dato vita a “Radio Siani”. Con sede ad Ercolano, in un bene confiscato alla camorra, è un progetto per un domani migliore, che vuole creare coscienza nelle persone partendo dal quotidiano, che rende un'informazione libera e di denuncia, che mira al recupero sociale, alla diffusione della cultura della legalità. Ovviamente non fermandosi davanti ai rischi, alle minacce, alla pesantezza del lavoro da svolgere.

23/09/2012, ore 10, “Giornalismi 2.0”. Il progresso della tecnologia ha cambiato la vita dell'uomo e, quindi, anche il suo modo di informare e di informarsi. “A segnare la rottura, prima ancora dei social network e dei blog – afferma Michele Mezza, giornalista Rai – è stato il floppy disk (l'informazione la memorizzo, l'acquisisco e la trasporto io). Alla spalle abbiamo una storia del giornalismo infame, ma oggi l'orizzonte è ancora più fosco (si pensi alla questione Sallusti, ai dati della Rai e a quelli di diffusione dei giornali). Non c'è mai stata tanta voglia d'informazione come oggi, ma il baricentro produttivo è passato da un modello industriale a un modello individuale. E' necessaria una riorganizzazione tecnologica del sistema informativo, ma c'è una gerarchia cristallizzata all'interno dei giornali che per interesse blocca i processi d'innovazione e i nuovi profili professionali. Chi vuol fare il letterato continui pure a scriver sonetti, noi altri dobbiamo cercare una soluzione che dia spazio e autonomia, che non ci renda subalterni nei confronti di ciò che ci dà la macchina, dobbiamo fare nostro l'algoritmo. Bisogna saper cogliere le nuove precondizioni dell'informazione, come la velocità. Il vecchio motto “Slow news no news” oggi diventa “Slow analysis no analysis”. La tendenza, per Mezza, è chiara ed estrema: “Tra 10 anni l'informazione non sarà più prodotto ma attività relazionale e l'attività giornalistica non sarà retribuita”. “Il mondo dell'informazione sta andando in una sola direzione – prosegue Francesco Piccinini, digital manager per Caltagirone Editore – Pensiamo a progetti nuovi online e impariamo ad essere concreti: se la pubblicità video cresce del 90 % in un anno bisogna saper fare i video. Qualità e voce fuori dal coro pagano sempre. Bisogna studiare i modi di produzione del proprio prodotto. Il successo sta nell'imparare a reperire la notizia, approfondirla e distribuirla, il tutto più velocemente degli altri. E' inevitabile che alcune professionalità vengano uccise e se ne debbano creare altre, è il mercato. Rimanere ancorati alla tradizione è qualcosa di tipicamente italiano e cattolico.” Oggi c'è un nuovo editore: il web. E noi possiamo diventare imprenditori di noi stessi.

Ore 12, incontro conclusivo: Giornalismi del futuro”. “Ora è importante avere delle risposte – dichiara Simone d'Antonio, presidente di Youth Press Italia – con questo Festival abbiamo un obbligo di verità nei confronti dei più giovani.” E la verità arriva. Parla Enzo Iacopino, presidente dell'Ordine dei Giornalisti: “Questo non è un mestiere né per ricchi né per poveri, è un mestiere con il quale molti si fanno ricchi: gli editori usano l'informazione per fare affari altrove grazie alla semplice titolarità della testata. Ma i peggiori nemici dei giornalisti sono i colleghi garantiti; senza una solidarietà effettiva di categoria non ne usciamo. L'informazione è un bene primario, dobbiamo coinvolgere nella nostra battaglia i cittadini perbene”. “Bisogna lavorare sulla riforma dell'accesso alla professione – continua Roberto Natale, presidente del sindacato unitario dei giornalisti italiani (FNSI) – la situazione è ingestibile, con questi tassi di disoccupazione non si riesce a garantire nessuno. Oggi si diventa giornalisti in troppi modi diversi, gli editori ne hanno approfittato allargando la professione e creando un esercito industriale di riserva, per il quale se si dice no ai 3 € al pezzo c'è una fila infinita di persone che diranno sì. Il potere agli editori va tolto, dobbiamo stabilire un solo canale per diventare giornalisti: un percorso di studi nell'università pubblica. Chi parla di abolire l'Ordine non sa di cosa parla”. Intanto, “Si può arrivare nei prossimi giorni all'approvazione della legge sull'equo compenso”, riporta il parlamentare e giornalista Enzo Carra, che continua: “Ci è costata sudore e minacce. Abbiamo avuto una miriade di opposizioni. I giuslavoristi dei Ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico stanno facendo di tutto per ostacolare la legge, ma dovremmo farcela. Non avremo risolto il problema, ma iniziato a riaffermare il valore della dignità umana e indicato ai giuslavoristi che fanno le leggi in questo Paese che l'uomo non bisogna trattarlo da schiavo”. Sul piatto c'è anche la legge delega sull'editoria. Ma lo strumento principale resta il contratto. Cambiano i modelli produttivi e bisogna pensare a nuove forme di contratto e nuovi tipi di lavoro.